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sabato 30 agosto 2008

Punto di non ritorno

llmare



"Lo sai che io se non ho pranzato non ragiono".



Poi dicono che le donne sono complicate.



Mi sa che questa la sposo davvero.







(Foto di AmorPlatonico, Nokia N70: non serve la megareflex, se hai un buon manico e un lungomare come questo. Anche se oggi la Canon ha dato parecchia soddisfazione).

mercoledì 27 agosto 2008

La vita è cozze e provolone, è inutile

"Se vuoi conoscere i tuoi pensieri di ieri

osserva il tuo corpo oggi

se vuoi sapere come sarai domani

osserva i tuoi pensieri di oggi"



(Franco Battiato, Il cammino interminabile)



Stamattina mi peso, e scopro che la bilancia mi ha graziato.

Mi dico "mamma mia, sto tornando in forma, sarà l'amore..."



Dopo un po' l'urlo dell'Indimenticabile:



"Questa bilancia segna quarantacinque chili... tre in meno di ieri! non è possibile! morirò entro tre giorni!".



Mai fidarsi della bilancia. E di tutti quelli che mentono. Anche a fin di bene.



Che poi le cose si scoprono ed è triste.



Bilancia della minchia!



" mi l’aia passatu tra peni e turmenti

li peni di lu ‘nfernu nan su nenti"



(Chi mi conosce sa che volevo scrivere altro. Sto arrivando al giusto livello di saturazione per partorire qualche post malefico. Magari vi parlerò della verità sulle piccole case editrici italiane, o presunte tali. Presunte perchè, quando ti stringono la mano, la presa stessa è unta... davvero. E ti sporchi. E non poco.)

lunedì 18 agosto 2008

Letture da spiaggia



Io non so se lo fa per impressionarmi. Per quello lo ha già fatto.



E' l'incoscienza mia, che sono tutto un casino, o sua, o la nostra?



In ogni caso, sto con una donna tosta.



Sotto ogni punto di vista.

mercoledì 16 luglio 2008

Amore, Psiche e biglietti del treno.





All'inizio erano le Tavole di Piraino, quelle misteriose stampe da quadrettare e da riprodurre.



E allora c'era Cecilia, la maga della sanguigna, che in cambio di un sorriso (che ho capito dopo voleva essere altro, ma, che volete, sono un maledetto intellettuale) mi ha risparmiato qualche ora a ricopiare anziché inventare. Ed erano capitelli e templi e statue.




Poi ho chiuso le tavole. E ho guardato il mondo. Il mondo di cui quelle tavole erano una rappresentazione.




Amore e Psiche l'ho vista, l'ho toccata. Era il 1990, la prima volta. Diciotto anni, zaino in spalla, inter-rail. Parigi, saranno stati quaranta gradi, quell'Agosto.




Lo zaino, a smontarlo, pesava molto di più di quello che servisse. Perché c'erano un paio di libroni che m'ero portato. Così, per passare il tempo in treno. Che poi, tranne uno, non ho letto, perché ho parlato, conosciuto, scambiato.




Era finito un amore, mi ricordo, o c'era un amore, ma era malato. Perché l'amore spesso è malato. Nasce così, quell'amore, perché ti conosci poco. Non un'altra persona. Conosci poco te stesso. E allora non sei tu che ami, ma sei tu, le tue nevrosi, le tue angosce. I tuoi limiti.




(E leggevo “La nausea” di Sartre, l'angoscia del reale e il trionfo dell'inesistente, il dolore della vita, l'impossibilità dell'amore... e gli occhi si inumidivano a pensare al mio d'amore che sembrava immenso, ma era impossibile, e allora inforcai gli occhiali neri, e continuai a leggere, e a straziarmi, perché a diciotto anni se non ti strazi, che vivi a fare?)




L'amore, di per sé, scopri, è infinito. Tutto quello che ne è copia, è limite, è passeggero.




E, se va bene, finisce. Le definiamo storie “pulite”. Magari solo perché sono più in superficie.




Altre sono malate. Perché sono parti di noi che non amano, ma sono ossessionate da corrispondenti (o opposte) parti di altri. Perché certo amore va così. Di inganno in inganno.




Allora vivi tutta una vita con un'ombra, pesante, un'ombra che sembra solo sentimentale ma poi assume tutti i connotati della materia, perché l'amore é materia, mi insegna qualcuno, e perché non si vive di sola mente (e non ditemi il contrario, perché è grigio, altrimenti). Perché poi tutto si complica. Perché si vivono situazioni a diversi livelli di profondità. E allora tu incolli i tuoi desideri su un'ombra e quell'ombra, proprio perché ombra, svanisce all'improvviso.


E così i tuoi castelli, costruiti sulla sabbia.




E giri per il mondo con il segno delle macerie addosso.


Sensazioni paritarie, dovremmo pretendere. Ma da pretendere non da un altro, che in quanto altro non è controllabile, ma da noi stessi. E fare quella cosa che sembra semplice, ma è inneffabile, e poi diventa semplicissima: comprendersi.




E allora guardi, e vedi, e scindi i contorni. E non litighi, costruisci. E non stai in silenzio, ma ti confronti. E risolvi. E cresci. E ti avvicini. A cosa? Ad un concetto strano.




Mi è tornato ieri, in mente, mentre in questa nuova immensa casa monto finalmente la libreria che mi ha accompagnato da ragazzo, con tutti i nostri libri (i miei e della mia compagna, perché i libri sono importanti, perché fermano le idee, non solo quelle di chi scrive, ma anche di chi legge, perché ricama le proprie a quelle stampate, o vergate a mano, e le fissa nella mente, come recitare ad alta voce le parole di una preghiera: è sentire sé stessi). Mi è tornato in mente il mito della caverna di Platone, le ombre delle idee, la strada verso l'Iperuranio attraverso l'amore del Dio, lo scegliere sulla terra quella persona, quell'Amore, che ti conduca alla visione di te-infinito, di te-idea.



E ho guardato gli occhi grandi del mio, di Amore.




E ho sorriso.




Perché lei è il mio archetipo dell'Amore su questa terra.




Perché amiamo, e parliamo. Sempre. Sempre curiosi di sensazioni, e di idee. Amore e Psiche.





Se per uno scherzo terribile del destino, mi dovessi sbagliare, sbagliare ancora, non fa nulla. Lasciatemi in questo inganno, perché, stavolta, almeno, è meraviglioso. Perché, alla fine, lo so, sbaglierei sbagliandomi.


Ora le tavole di Piraino mi mancano.


Ma giocherò con le immagini che ho scattato, e che scatterò, e tappezzeranno i muri di questa casa, come fino ad ora, che son stato come un viandante, un pellegrino, le ho portate, in fondo, tutte, realmente, solo nella mia mente.


Perché ora sono a casa.




(Amore e Psiche di A. Canova, Louvre, 2001, foto del sottoscritto, effetti alla Piraino di Photoshop, saluti a Cecilia, che ha sposato un carabinere, e alla mia inguardabile prof di storia dell'arte di liceo, detta "Athena Parthenos" per l'esilità delle sue caviglie e la soavità della sua voce, ovunque ella ora si gode la sua immeritata pensione).

martedì 8 luglio 2008

Ho avuto un'infanzia difficile

I traumi adolescenziali poi sono un'altra cosa.



Ma si continua allegramente, 'appero!



Ieri pomeriggio al parco, con la mia compagna (l'Indimenticabile), il Drago e la Principessa.



Il Drago trova subito la sua ragione d'essere (il calcio) e sparisce con la sua nuova squadra di amici.



Io tento di fare qualche telefonata di lavoro, ma vengo preso sotto tiro dalla Principessa. Non c'è scampo. Devo giocare con lei.



Premesso che giocare con la Principessa mi cancella ogni pensiero nero dalla testa (mentre il Drago mi ha fatto scoprire il calcio a 37 anni), il gioco consiste in questo: mentre faccio qualunque cosa, questo qualunque cosa deve passare in serie B perché l'attenzione deve essere solo su di lei.



Quindi io parlo con la cliente inafferrabile al telefono, quella che ci hai messo tre giorni per fartela passare, e mentre cerco di mantenere un tono professionale devo:



- farle fare il morto come se fossimo al mare ma siamo al parco (e dopo un po' finiscono le mani, se hai un Nokia in una mano e una novenne nell'altra);

- farle fare la giostra (tu sei la giostra e lei ti zompetta attorno/sopra/sotto/a lato)

- rispondere alle domande

- evitare che prenda parte alla conversazione.



Quando c'è il capo al telefono, glielo devo passare, non c'è storia. E lei si informa su:



- il venduto

- la borsa

- quando partiremo di nuovo



il tutto finalizzato a che regali mi deve chiedere.



Ma la Principessa è la Principessa, è inutile.



Ad un certo punto, il Drago "finisce" gli amici e mi chiede di palleggiare con lui.

Ed io sono vestito come un pinguino.



Dai tavolini, lo sguardo dell'Indimenticabile.

Ad un certo punto mi chiama. Mi indica i bambini, guarda la mia fronte imperlata di sudore e mi chiede:

"Ma tu mi vuoi ancora bene?"



Ad un certo punto decido di vendicarmi.

Ricordo al Drago che anche se a palleggi mi batte, sui tiri da lontano è una schiappa. Ma tornano gli amici e mi scaga.



Allora prendo sotto tiro la Principessa:

"Allora come va col tuo fidanzato? mi dicono che si chiama come me!"

"Sì, ma lui è biondo e ha gli occhi azzurri!"



Vabbè.

Ho avuto un'infanzia difficile, non lo nego: è questa.

giovedì 13 marzo 2008

Ipse dixit

007b

Molto tempo fa ero fidanzato contro una tizia.

Più che fidanzato, ne ero ossessionato. Perché quando non ti conosci, le passioni sono ossessioni.



Era come piacevano a me le donne: bionda, con gli occhi di un celeste infinito, gli zigomi alti, la fronte spaziosa. E una bella terza, per accontentare la bestia che c'è in me.

Eravamo compagni di classe, al liceo. Di fatto ci siamo corteggiati per tutti gli anni che abbiamo trascorso a scuola. Poi, complice l'esame di maturità o schiavi dell'ormone, ci siam fidanzati.



Eravamo "quelli bravi", "quelli di cultura". Ci univano, oltre al vissuto, oltre all'amore per l'arte, alla stima reciproca, ad una certa attrazione, una profonda fiducia, una profonda conoscenza l'uno dell'altra.

Per quanto sia lecito pensare di conoscere l'universo femminile, per carità.

(Io oggi mi alzo la mattina e non so con quali casini mi allieterà la giornata la mia donna, ma odio le storie noiose).

La storia finì perché avevamo, probabilmente, anche gli stessi difetti. O troppi difetti, e gli stessi.

Ma non so, non mi interessa più.



C'è sempre un momento, nelle grandi storie, tra persone civili, in cui si parla.

E si parla in quegli attimi che sembrano eterni, con le mezze luci, in un portone, o davanti ad una vetrina, perché ti incontri per caso e affronti lì l'argomento della tua vita.



Era finita. Perché il rancore aveva superato la voglia di stare insieme, perché l'imperfezione aveva superato la bellezza.

E l'imperfezione è una isteria d'angoscia: la bellezza c'è, ma non te la fa vedere. Perché la bellezza è oggettiva, l'imperfezione è soggettiva.

Ma resta tutto il resto: il vissuto, le analogie, le affinità elettive.

E la paura, in fondo, di non trovare nessuno così, che balli alla musica di Laurie Anderson o commenti Francesco Petrarca direttamente in dialetto.

O che ti regali delle rose. Piccole, timide. Perché grandi significa "torniamo insieme".



E fu in quella luce al neon di quello studio fotografico che lei mi disse:

"La tua anima non morirà mai. Non ti capiterà mai di diventare arido".




E' vero. non ci sono mai riuscito. Sebbene, magari, abbia provato più volte a distruggere questa sensibilità che parecchi casini ha procurato alla mia anima, alla mia vita, alle mie direzioni.



Oppure, un giorno, cominci ad assecondarla. E respiri appieno.



Grazie.



(Foto per la campagna "Poscaboys by Trucks", tra breve su tutti i 6x3 e gli autobus di Bari e provincia.)

sabato 16 febbraio 2008

Dove andiamo, Corto Maltese?



"se son d' umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:

di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo..."

(L'Avvelenata, Francesco Guccini)



La comprensione della complessità.

I livelli di comunicazione.

Il silenzio.



Costruire su macerie. E mantenersi vivo.



(Il Jack Daniel's è solo una comparsa)

giovedì 17 gennaio 2008

sabato 5 gennaio 2008

Il dito e la luna



Io sono disordinato. Parecchio. Riuscirei a mettere in disordine una stanza vuota.



Ma non butto mai nulla. E tengo tutto a mente. I posti, le cose.

Diciamo che vivo una vita intensa, e una cosa patetica come riordinare la lascio ai poveri di spirito.

Diciamo che quello che dovrebbe essere il salotto è un deposito immenso di libri, scatole di foto, riviste, scatoloni con cablaggi vari di chissà quale marchingegno, in attesa di trasloco.

Diciamo.



Ma diciamo anche che riordinare è un atto meraviglioso d'amore verso noi stessi.

Perché non si sistemano soltanto le cose.

Si riprendono, si aggiustano.



Si riaprono pagine della nostra vita, si rinforzano di colore i ricordi.

Io, personalmente, ho la piacevole sensazione di aver fatto una bella vita.

Qualche volta meno bella, qualche volta più prigioniera.

Altre volte libera, piena, solare.

Solare anche nella notte. Perché la notte non è l'assenza di luce.



La vera bellezza, suppongo, è riuscire a guardare il dito e la luna.



(Foto di AmorPlatonico, S. Andrea, Roma. Luce provvidenziale. Lei, una delle "donne della mia vita": chissà che fine avrà fatto ora?).


sabato 29 dicembre 2007

Stravolgimenti nella fisica

L'inverno e l'influenza portano a nuove scoperte nell'ambito della fisica.



Gli stati della materia conosciuti sono ora cinque:

1) solido (mattoni, salame, panettone)

2) liquido (acqua, vino, cognac, whiskey)

3) gassoso (aria di mare, aria di casa mia, aria di libertà, fumi vari, legali o illegali se non in modica quantità)

4) plasma (non quello sanguigno)

5) diarrea.



Il quinto stato è catastrofico, molto, molto vicino all'antimateria.



(Se fosse gentilmente possibile richiamare il dinosauro che da due giorni ha le zampe sulla mia pancia, sarebbe cosa assai gradita).

mercoledì 26 dicembre 2007

Tempismo



Qualche mese fa mi avevano commissionato la foto di un gabbiano. E impazzii per due o tre giorni perché non ne trovavo.

Oggi l'intero mare davanti casa mia è pieno di macchie bianche. E ognuna di queste è un gabbiano, una albatros, una gabbianella.

Io sto per andare via di qui, e tra poco non sarà più questo quanto vedrò ogni mattina.

Si chiama tempismo.

Come nella vita, come nell'amore.

Ci sono certe situazioni che si incastrano stranamente, e buffamente.

Una specie di stanza delle occasioni mancate.

E altre occasioni si presentano all'orizzonte, perché le scelte sono ponderate, e profumano di nuovo, e di bello.

Il mare c'è anche lì dove mi sto trasferendo, a pochi metri. Si faranno due passi, due passi in più. E sono al centro di un mondo che mi sto costruendo attorno. Ed è la casa che mi si cuce addosso. Credo.

Sembra che il mondo degli addii sia colorato di perfezione, come se fosse il colpo di coda di un qualcosa che non vuole essere abbandonato.

Io, per non saper né leggere né scrivere, ho imparato a ricordare: questo mondo che mi saluta me lo porto con me così.



(Gli addii si colorano di perfezione perché hanno assunto immediatamente il carattere del ricordo, perché sono praticamente irreversibili. Il bello sarebbe gustarsi così il resto della vita. Ci stiamo attrezzando.)

martedì 25 dicembre 2007

Sorprese di Natale

lcagliostro03

L'edizione è veramente antica. E il gatto si chiama Cagliostro. A buon intenditor.

lunedì 19 novembre 2007

Nel cielo sopra noi...



Mi ricordo una canzone di Alice.



"Nuvole

si inseguono cercandosi le nuvole

son vecchi dirigibili le nuvole

nuvole

a quanti amanti parlano le nuvole

nel cielo sopra noi

mi chiedo a chi appartengono

mi volto e trovo l'orizzonte

dei tuoi occhi intriso di ricordi e di sogni e di nuvole.

Giorni passati a scrutare nel cielo

segnali lontani, figure straniere così,

senza cercare di più.


Nuvole

ma quanti mondi vedono le nuvole

dal cielo sopra noi

mi chiedo se ci parlano

mi volto e trovo l'orizzonte. dei tuoi occhi

intriso di racconti e di luci e di nuvole

Giorni passati a scrutare nel cielo

segnali lontani, figure straniere

ragioni di vita sentite dal cuore così,

senza volere di più."


Già, senza volere di più.



Da quando la banca non mi chiama piu' per rompermi gli zebedei sto diventando troppo romantico.

Domani quasi quasi vado e chiedo un fido...



(Foto di AmorPlatonico, Cilento, Mare d'Inverno. Il tizio, stavolta, non l'ho pagato)







"

sabato 17 novembre 2007

Caravaggio



Dedicato a chi

legge ma non legge, ed è convinto di sapere,

sente ma non sente, ed è convinto di conoscerti,

guarda ma non guarda, ed è convinto di aver visto il mondo.



Perché la vita è una forte emozione, mentre per molti è un continuo e fastidioso brusio. Di bellezza.



L'ignoranza è forza, scriveva Orwell.



Senza scomodare Socrate...

martedì 30 ottobre 2007

martedì 2 ottobre 2007

Le grandi domande



C'è una cosa che odio davvero. Ma davvero tanto. E' stendere il bucato. Un po' di meno, odio ritirare il bucato.

Dopo rinvii dovuti al fatto che la mia cara lavatrice ha deciso di non fare l'ultimo risciacquo (probabilmente hanno installato al posto del programmatore a ruota una copia di Windows Vista), mi affaccio sul mitico vicolo a stendere.

Esce il mio vicino di casa, a fare lo stesso. Ci salutiamo.

- Ue'!

- Ue'! (saluto del maschio adulto)

- Tutto bene?

- Sì, tu?

- Tutto bene! (conversazione massima del maschio adulto)

- Io odio stendere!

- Io invece mi rilasso!



Ora: io adoro il mio lavoro. E odio stendere. Mi fa innervosire.

Se stendere ti rilassa, hai qualcosa che non va, o dentro di te si agita un futuro proprietario di una catena di lavanderie. O, peggio, te lo ha detto tua moglie: esci, e stendi il bucato!



Attanagliato da questo dubbio, vi lascio con la grande questione occulta sulla moltiplicazione dei calzini. Dalla lavatrice ne escono sempre di piu' di quanti ce ne metti.



Poi, giuro, non so.



(Foto di Amorplatonico)

domenica 30 settembre 2007

Splendide previsioni



Una volta la mia ex moglie mi apostrofò (era solita apostrofarmi, ma penso che questa attività grammaticale non sia una prerogativa della mia ex soltanto):



Domenica, davanti allo specchio del bagno.



IO: "Amore(*), un altro capello bianco... porcamiseria!!!"



EX: "Dovresti tagliarti i capelli, tu e quell'amico tuo (riferendosi al mio compagno d'avventure, con il quale c'era un misterioso rapporto di rispetto - timore)...

... altrimenti quando diventeranno tutti bianchi saresti come uno di quei tristissimi individui che girano con quelle chiome bianche o quei ridicolissimi codini... quelli che non vogliono accettare che il tempo passa anche e sopratutto per loro..."



Ora... io i miei capelli bianchi ce li ho. Sono ancora pochi. E maledettamente lunghi come gli altri.

So per certo che sono anche i piu' resistenti.



A me non interessa.



Mi piacciono, sono parte di me.



A quanto pare, non dispiacciono alle mie nuove conquiste.



Ogni tanto, quando lavoro, li lego anch'io in quel triste codino di cui sopra, altrimenti si spalmano sulla macchina fotografica.



Per adesso, Amore mio (*), non mi sento vecchio.



E a guardare bene in giro, anche nel caso di imbiancamento totale della chioma, non pare che il fascino diminuisca.



E non sembriamo nemmeno ridicoli.



(*) La chiamo sempre Amore Mio, anche davanti al giudice.

**

Foto di AmorPlatonico, inaugurazione della Taverna Nuova del Maltese, a Bari.

Il titolo del post è gentilmente preso in prestito da Battiato. Sentitamente ringrazio.

giovedì 20 settembre 2007

Più di mille parole.



La cosa che mi piace di più del fare ritratti, anche quelli su commissione, anzi, sopratutto quelli, è quando si stabilisce quel feeling meraviglioso, una specie di transfert, tra fotografo e soggetto, e si crea quell'armonia che tira fuori la parte più bella del soggetto e, al tempo stesso, mi permette di raccontare, attraverso uno sguardo, un gesto, un gioco di luci, la bellezza del mondo.



Finchè sarà così, non riuscirò a chiamarlo mai lavoro.



La parola giusta sarebbe "amore" o "passione".



Il che riporta ad un sacco di altre (belle) cose.

sabato 15 settembre 2007

Alba, tramonto



Il grande inganno degli opposti è che, a un certo punto, combaciano.



Con buona pace di tutti.



(Questo è un post talmente ermetico che se me lo spiegate voi, vi ringrazio)



Foto di AmorPlatonico. Salento. Tramonto.

sabato 8 settembre 2007

Bloggers inside



E' inutile, siamo tutti bloggers.

Qualcuno imbratta la rete anche se non sa cosa scrivere, ma solo per un desiderio di egoistica onnipotenza.

Qualcun altro non ha la connessione ADSL.

Io sono uno della prima categoria.

E voi?