All'inizio erano le Tavole di Piraino, quelle misteriose stampe da quadrettare e da riprodurre.
E allora c'era Cecilia, la maga della sanguigna, che in cambio di un sorriso (che ho capito dopo voleva essere altro, ma, che volete, sono un maledetto intellettuale) mi ha risparmiato qualche ora a ricopiare anziché inventare. Ed erano capitelli e templi e statue.
Poi ho chiuso le tavole. E ho guardato il mondo. Il mondo di cui quelle tavole erano una rappresentazione.
Amore e Psiche l'ho vista, l'ho toccata. Era il 1990, la prima volta. Diciotto anni, zaino in spalla, inter-rail. Parigi, saranno stati quaranta gradi, quell'Agosto.
Lo zaino, a smontarlo, pesava molto di più di quello che servisse. Perché c'erano un paio di libroni che m'ero portato. Così, per passare il tempo in treno. Che poi, tranne uno, non ho letto, perché ho parlato, conosciuto, scambiato.
Era finito un amore, mi ricordo, o c'era un amore, ma era malato. Perché l'amore spesso è malato. Nasce così, quell'amore, perché ti conosci poco. Non un'altra persona. Conosci poco te stesso. E allora non sei tu che ami, ma sei tu, le tue nevrosi, le tue angosce. I tuoi limiti.
(E leggevo “La nausea” di Sartre, l'angoscia del reale e il trionfo dell'inesistente, il dolore della vita, l'impossibilità dell'amore... e gli occhi si inumidivano a pensare al mio d'amore che sembrava immenso, ma era impossibile, e allora inforcai gli occhiali neri, e continuai a leggere, e a straziarmi, perché a diciotto anni se non ti strazi, che vivi a fare?)
L'amore, di per sé, scopri, è infinito. Tutto quello che ne è copia, è limite, è passeggero.
E, se va bene, finisce. Le definiamo storie “pulite”. Magari solo perché sono più in superficie.
Altre sono malate. Perché sono parti di noi che non amano, ma sono ossessionate da corrispondenti (o opposte) parti di altri. Perché certo amore va così. Di inganno in inganno.
Allora vivi tutta una vita con un'ombra, pesante, un'ombra che sembra solo sentimentale ma poi assume tutti i connotati della materia, perché l'amore é materia, mi insegna qualcuno, e perché non si vive di sola mente (e non ditemi il contrario, perché è grigio, altrimenti). Perché poi tutto si complica. Perché si vivono situazioni a diversi livelli di profondità. E allora tu incolli i tuoi desideri su un'ombra e quell'ombra, proprio perché ombra, svanisce all'improvviso.
E così i tuoi castelli, costruiti sulla sabbia.
E giri per il mondo con il segno delle macerie addosso.
Sensazioni paritarie, dovremmo pretendere. Ma da pretendere non da un altro, che in quanto altro non è controllabile, ma da noi stessi. E fare quella cosa che sembra semplice, ma è inneffabile, e poi diventa semplicissima: comprendersi.
E allora guardi, e vedi, e scindi i contorni. E non litighi, costruisci. E non stai in silenzio, ma ti confronti. E risolvi. E cresci. E ti avvicini. A cosa? Ad un concetto strano.
Mi è tornato ieri, in mente, mentre in questa nuova immensa casa monto finalmente la libreria che mi ha accompagnato da ragazzo, con tutti i nostri libri (i miei e della mia compagna, perché i libri sono importanti, perché fermano le idee, non solo quelle di chi scrive, ma anche di chi legge, perché ricama le proprie a quelle stampate, o vergate a mano, e le fissa nella mente, come recitare ad alta voce le parole di una preghiera: è sentire sé stessi). Mi è tornato in mente il mito della caverna di Platone, le ombre delle idee, la strada verso l'Iperuranio attraverso l'amore del Dio, lo scegliere sulla terra quella persona, quell'Amore, che ti conduca alla visione di te-infinito, di te-idea.
E ho guardato gli occhi grandi del mio, di Amore.
E ho sorriso.
Perché lei è il mio archetipo dell'Amore su questa terra.
Perché amiamo, e parliamo. Sempre. Sempre curiosi di sensazioni, e di idee. Amore e Psiche.
Se per uno scherzo terribile del destino, mi dovessi sbagliare, sbagliare ancora, non fa nulla. Lasciatemi in questo inganno, perché, stavolta, almeno, è meraviglioso. Perché, alla fine, lo so, sbaglierei sbagliandomi.
Ora le tavole di Piraino mi mancano.
Ma giocherò con le immagini che ho scattato, e che scatterò, e tappezzeranno i muri di questa casa, come fino ad ora, che son stato come un viandante, un pellegrino, le ho portate, in fondo, tutte, realmente, solo nella mia mente.
Perché ora sono a casa.
(Amore e Psiche di A. Canova, Louvre, 2001, foto del sottoscritto, effetti alla Piraino di Photoshop, saluti a Cecilia, che ha sposato un carabinere, e alla mia inguardabile prof di storia dell'arte di liceo, detta "Athena Parthenos" per l'esilità delle sue caviglie e la soavità della sua voce, ovunque ella ora si gode la sua immeritata pensione).
ecco.
RispondiEliminae non giro il mondo.
ma mi porto i segni delle macerie addosso.
Finalmente, questo è l'amor platonico che adoro leggere e rileggere altro che formaggino!!
RispondiEliminaUn grossissimo bacio.
Mi associo a smigola, si vede che stai ben, da come scrivi
RispondiEliminabello questo effetto. vado a cercare il filtro. cioe mi diverto un po' nel fotopaciocco.
RispondiEliminasaluti!
Mmm, un concetto che mi da da riflettere, anzi che no!
RispondiEliminaVerisseimo, un'ombra che si trincera a un'idea, un sovraposto di bui e desideri che alla fine si annullano, un rincorrere quasi inutile eppure...
Tornerò a leggerti, davvero molto volentieri.
A presto.
ma quanta verità in questo post...finchè ci sono ombre in noi quelle inseguiamo...è proprio così
RispondiElimina@viola
RispondiEliminaL'importante è accorgersene...
@smiagola
Mi spiace contraddirti: o ti becchi tutto, o niente. Mica puoi scegliere... ah, dimenticavo: siamo su internet. Ognuno sceglie quello che gli piace - o sembra di piacere - e poi... zac!
@nonna
già. Ma la fregatura è sempre in agguato...
@Beta2
Io ho cominciato in camera buia...
@unhappy
Appunto. Perfetto. Beccato il senso del post. Hai vinto un pomeriggio col Drago.
@bruttagente
appunto.