mercoledì 22 novembre 2006

La condizione umana

"Ci vuole un anno e ci vuole un giorno

confidare nel silenzio

e nella condizione umana

badare alla casa

e alla pioggia di stravento

come un uomo vestito da uomo fa"

Ivano Fossati, La mia giovinezza




Ogni volta che riascolto questa canzone mi viene da fare due conti. Anche tre, visto che tra l'altro si avvicina inesorabile il fine mese.

Ma non sono conti economici, quelli, tutti, hanno una soluzione.

I grandi dilemmi sono davvero sulle peregrinazioni del sè, del "senso della vita", delle soddisfazioni.

Molte, in vita mia, devo ammetterlo, me le son tolte: qualche successo sul lavoro, qualche intuizione scolastica, qualcosa detto, recitato o cantato dai palchi.

Qualcosa di scovato sui libri, qualche altra illuminazione l'ho vista davvero nelle nuvole o in qualche ombra.

E qualche felicità vera, di quelle che ti fanno traboccare il cuore.

Ho visto costruzioni e distruzioni.

E il bello che dopo un po' capisci qual'è il meccanismo.

E mi piace pormi sempre davanti a nuovi problemi, nuove questioni da risolvere. Quello di cui conosco la soluzione, generalmente, non mi interessa più.

Gli uomini vestiti da uomini ne ho visti parecchi. Qualcuno soltanto lo è davvero. Altri sono stati vestiti da uomini.

Ma è un abito di serie.

Si tratterà forse di capire com'era fatta quella felicità? se esiste una formula, un composto chimico, se è una voce dell'anima, un inganno, un incanto o è reale?

Vibriamo quindi per sogni, per sensazioni, o per materia?

Se il problema della felicità è una mera reazione chimica, come il mal di testa che si cura con l'aspirina, allora chi si inietta droga nelle vene, si impasticca o quant'altro, a parte piccole questioni morali, non è tanto lontano da un monaco tibetano.

La generazione prozac, la chiamo io.

Se invece la felicità viene da dentro, da un equilibrio (che a sua volta produce endorfine e dopamina), allora la formula è un'altra.

E poi ci si incastra sulla percezione...

Allora o si scrive "Umano Troppo Umano" (e poi si finisce in sanatorio), o si fanno trasmissioni idiote su Rai Uno (ma Marzullo lo si vede in faccia, ci fa, e parecchio: sembra Prodi con la parrucca), o si parte per il Tibet.

O, come nei miei desideri, per l'Africa a fare magari qualcosa di veramente utile per il pianeta.

Il resto, davvero, sono cose che lasciano il tempo che trovano: il mio "uomo vestito da uomo" ha il senso della terra.



(Mai leggere Nietzsche la mattina presto)

17 commenti:

  1. mi pareva che l'eleco delle cose dovesse continuare all'infinito... poi ho iniziato a chiedermi... cosa manca? E a quel punto sento l'esigenza di girarti la domanda. ciao

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  2. io la mattina presto leggo l'oroscopo sul televideo... e faccio riflessioni simili alle tue...



    ma io penso che quando sei in equilibrio e sei felice... le seghe mentali le lasci agli altri.



    comunque sia... ogni tanto potresti anche farti sentire...

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  3. Le seghe sono su quel che non c'è, sull'inazione.



    Io cerco di analizzare quello che c'è, giusto per non rifare gli stessi errori e capire dove funziona.



    Se poi "non sono stato spiegato", ditemelo, riscrivo.

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  4. caro amorplatonico,

    credo invece che l'essere umano sia capace di creare potenti seghe mentali su qualsiasi, e dico qualsiasi, cosa.

    le tue sono seghe camuffate.



    (scusa, ma oggi sto proprio acida dentro)

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  5. Io sono partita per il Piccolo Tibet. Per il Ladakh.

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  6. il senso della vita? non è niente di che. fare lunghe passeggiate, non mangiare grassi, leggere buoni libri e vivere in pace ed armonia con gente di ogni credo e colore...



    alle volte penso che pensare al senso della vita contribuisca solo a perderne di vista il significato.



    Si tratterà forse di capire com'era fatta quella felicità? se esiste una formula, un composto chimico, se è una voce dell'anima, un inganno, un incanto o è reale?



    non lo so.



    ci sto pensando.....sto provando quanto meno a non pensarci troppo.



    perchè se devo appartenere ad una generazione, per cortesia, che non sia quella del prozac, che è soluzione al sintomo ma non al problema.



    e forse si, è anche questione di chimica, ma la differenza, re non parlo di moralità, è data da come la smuovi la materia.



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  7. @sterfimia:

    Istruzioni per l'uso: leggere fino in fondo, poi agitare, non prima.

    Io, ogni tanto, le domande, me le faccio.

    Perchè non posso fare finta che non è a me.



    @yuk

    Dove?????????



    @pensieri

    E se fosse la ritualità dell'abitudine? E' una questione che ho sempre negato. Mi sono persino sposato, per provarla. Ma non è stato un rito, ma una prigione. Ero prigioniero di un rito. E non credo che fosse un dogma.

    E comunque non rendeva felice.

    E neanche comprare comprare comprare.

    E' vero che molta medicina cura i sintomi.

    Anzi, tutta la medicina cura i sintomi.

    Solo che la cura fa dimenticare la malattia.

    E spesso ci interfacciamo non con sani (neanche io lo sono: questo torcicollo infernale! massaggi! massaggi!) , ma con malati dai sintomi curati.

    Finchè te ne accorgi dagli occhi, va bene. Ma è solo perchè la cura è imperfetta, o il medico non bravissimo.

    Perchè son certo che se la chimica va bene, allora anche gli occhi sorridono di felicità oggettiva. Vera o falsa, non saprei. Ma oggettiva.

    Basta studiarsi un po' di estasi, mistiche o meno mistiche, per venirne a capo.

    E io ho grande fiducia nella scienza.

    Ti ricordi Big Science di Laurie Anderson?

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  8. non è colpa mia se la gente cambia le carte in tavola da un momento all'altro.

    io ho solo commentato quello che ho letto. PRIMA.

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  9. @Ste: il megasegaiolo mascherato attende quindi il commento del dopo.

    Com'era?

    "Dammi il tuo amoreeee...

    non chiedermi nienteee...

    dimmi che

    hai bisogno di me...."

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  10. ah che amico del cavolo... mai che scriva a me ste cose.



    pfui.

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  11. @sterfi:

    Scordatelo riferito all'amore (per carità, io sono per il leasing, più che per l'amore!) o al commento (magari lo fai!)



    @anonimista:

    Ma io e te non abbiamo cantato canzonacce in quel di Este tempo addietro?

    E non è meglio la sana e maschia amicizia del lubrico piacere sessuale?

    (oddio)

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  12. Ladakh.



    Sono andata in Ladakh, Piccolo Tibet.

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  13. Ho letto. Poi ho riletto di nuovo. In entrambe i casi non ho capito dove volevi arrivare. Soprattutto non ho capito se ti senti "uomo vero" o è solo l'abito che hai cucito ieri l'altro. E non so se basterà il progetto africano a farti sentir più completo.

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  14. la ritualità necessita di fede. e la consapevolezza la fede la rifiuta a priori, per necessità.

    però alle volte vorrei abbandonarmi all'idea che la ritualità della quotidianità possa essere una soluzione.

    peccato non riuscire ad applicarla.

    napplicabilità del metodo stesso? o inapplicabilità del metodo ai parametri miei personali? esiste la possibilità di un adeguamento che non si trasformi in gabbia?

    e poi. rifiutare il concetto di gabbia, perchè.

    alle volte basterebbe avere una gabbia con la porta aperta e la libertà di uscire.

    e alle volte ci sentiamo in gabbia qualora ci sbattano davanbto ad un occhio una o due sbarre e non ci accorgiamo che non ci sono pareti e soffitto.

    secondo me è un sofisma, eh. però c'è una sostanziale differenza.

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  15. @pdc



    respira... piano... ancora... brava così... va bene... ancora... piano...



    "non chiederci la formula che mondi possa aprirci..."

    Montale, vaffanculo.

    (E assieme a Montale, Eisemberg, Godel, Escher e tutta quella simpatica gang...)

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  16. bach? l'eterna ghirlanda brillante?

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