"il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
-- voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo –
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile
La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
-quant'è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare –"
Fabrizio De Andrè, La domenica delle salme.
Non so, effettivamente, chi o cosa governerà l'Italia domattina. Nè, in fondo, cambierà la mia visione abbastanza anarchica della politica, abbastanza autarchica della politica.
Ho letto con interesse il fondo di Scalfari su Repubblca.it (cercatelo, io non lo trovo più... se lo sarà già rimangiato? boh?) in cui auspica con la vittoria della sinistra la fine di un'epoca buia in cui l'Italiano si allontana sdegnosamente dalla vita polica, essendo essa appannaggio di pochi e di "eletti" (di nome e di fatto), una sorta di casta privilegiata di sudditi speciali, diversa dai sudditi comuni tipici di un'Italia mai sovrana.
Bello, atipico, sognante, schierato.
Ma in fondo, quacuno, qualcuno lo ricorda 1984?
Mi verrebbe voglia, guardando questa tristezza,
di urlare
LA GUERRA E' PACE
LA LIBERTA0 E' SCHIAVITU'
L'IGNORANZA E' FORZA"
Ma questo è un altro film
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