Siamo vittime inconsapevoli del divertimento di un Dio infante.
(Stanislav Lem, Solaris)
La fantascienza è un modo per indorare e divulgare. Asimov è stato un grandissimo divulgatore, una specie di Piero Angela al cubo.
E si divertiva a giocare con il cosmo, cosa che ti permette una mente eclettica. E tra astronavi e robot, il senso dell'immenso, un divino materiale, la capacità dell'uomo di sopravvivere a se stesso, l'insofferenza per l'integralismo bacchettone di certa scienza, certa religione, certa politica. Una visione perfetta del cosmo come universo vivente, dove alla vita umana si preferisce La Vita e dove l'uomo, se non gioca bene le sue carte, sparisce. Isaac Asimov è stato il primo dei miei amori. Poi, ne son venuti altri. Dalla fantascienza pura alla "letteratura fantastica", quella di Calvino e di Borges.
Spesso si demonizza la fantascienza, non sapendo che non fa niente di più o di meno di un romanzo, una poesia, una fotografia: la reinterpretazione del reale e la comunicazione di un messaggio, di un modo di vedere, di una direzione. Solo in maniera un po' eclatante, più dicharatamente sognante.
E, a volte, meno scontata.
Certo, chi apprezza Paolo Cohelo fa volentieri a meno della dopamina.
La capacità di comunicazione di un'opera d'arte sta nella conquista del lettore/spettatore (Edgar Allan Poe, teoria del romanzo breve), estraniandolo dal contatto con il reale per il tempo necessario alla fruizione del messaggio. E non sempre funziona.
Stanislav Lem scava nelle profondità dell'animo umano, del senso dell'amore, del senso del possesso, del senso di colpa.
Un essere solo, pensante, planetario. Senza confronti. Un Dio. E un bambino insieme.
E sprofonda nelle descrizioni dell'inconscio, del desiderio. Dell'amore, della morte e della solitudine.
L'astronave è una sola, e, ho visto, è un modello vecchio.
Il resto, è l'uomo. E il Dio che c'è in lui. E la coscienza. E la solitudine dell'Essere.
Poi, ognuno è capace di leggere quello che sa.
Il prossimo che mi racconta baggianate sulla fantascienza, giuro, lo prendo a testate.