mercoledì 3 gennaio 2007

Ad ognuno il suo

"Erano giorni di maggio

tra noi si scherzava

a raccogliere ortiche"





Tempo fa, un'amica mi segnala una casa editrice a cui mandare il mio manoscritto.

Sopraffacendo la mia indolenza, stampo tutto in formato A4, dopo aver rivisto un po' di cose, ed invio, accompagnato dalla simpatica lettera che ho postato da qualche parte sul blog intorno al 20 settembre.



A metà tra l'entusiasmo e il dubbio, ripenso alle mie cose.



Poi vengo a sapere che un altro scrittore nascosto aveva mandato loro il suo di manoscritto, prima dell'estate.



Mi comunica che aveva ricevuto dopo un paio di mesi la lettera di conferma, e che chiedevano, ovviamente, un sacco di soldi per pubblicare.



Ora, io sono un imprenditore, e sono abituato a trattare con chi lancia il doppio per prendere metà. Ma ho una mia etica.... non vendo fumo, non sconto oltre il ridicolo, preferisco non vendere a chi non apprezza. E a chi non paga.



Ma i miei vestiti (quelli che vendo) sono di seta. Se è plastica, lo dico.



Ora, una casa editrice è un'azienda che fornisce servizi: distribuzione, visibilità, possibilità di vendere, in cambio di una buona parte del prezzo di copertina.



Non ha un prodotto proprio, ma distribuisce quello di altri.



La sua bravura è nel fiutare il prodotto "vergine", non ancora pubblicato, e investirci sopra.



Se mi devo autoglorificare, perdonatemi, mi faccio una vacanza, mi compro una macchina fotografica nuova, una pila di libri...



Se voglio fare il pagliaccio, mi affitto una CLS per un giorno.



Ma un libro è una cosa seria.



E' la parte di noi che parla e che per prima dobbiamo ascoltare. Se è un atto creativo. Se quello che scriviamo "canta".



Se tutto fila, non annoia, anzi... evoca... perchè certa arte altro non fa che creare l'incanto per far nascere Eros. Quell'Eros, che, come racconta Platone, ti porta in alto verso l'Iperuranio delle verità.



L'artista cioè è invasato dal Dio che gli prende la mano e scrive.



Qualche volta, vi giuro, è successo anche a me. Credo. Per altre cose mi sbaglierò... ma tant'è...



Non sono Umberto Eco.



Faccio un rapido esame del sito web della famigerata casa editrice, IL FILO EDIZIONI, di Viterbo. Sede, per altro di Stampa Alternativa.



Presidente onorario Alda Merini.

Tra gli ospiti... De Crescenzo... che racconta che in Italia saranno una decina (tra cui annovera sè stesso) gli autori che possono campare dai loro libri. Gli altri devono fare un altro lavoro.



Altri ancora, noi, quindi, dobbiamo PAGARE PER PUBBLICARE.



Da buon venditore, chiedo ad una mia amica di una NOTA LIBRERIA BARESE di sapere quali libri delle edizioni IL FILO hanno a catalogo. Solo alcuni libri di Pessoa. Le nuove voci, la collana dei giovani autori, non viene distribuita.



Ok. Si rivolgono agli APS, gli autori a proprie spese, come li definisce ECO nel Pendolo.



Che ci sia una lobby di personaggi che approfitti dei sogni di gloria di alcune persone, è palese.

Che queste siano in accordo con altri esponenti della cultura (oddio, De Crescenzo è il Cohelo italiano: leggi un suo libro, bello, leggi il secondo... pare già sentito... il terzo è fotocopia dei primi due, ma la gente non ha memoria... minchia, pare Orwell!!!)... dico, questo è terrificante. O triste. Fate voi.

Ma quello che mi è arrivato, rasenta la truffa...



Qualche giorno prima di Natale, mi arriva un plico in posta prioritaria (non raccomandata!) con la lettera dell'OK, altri fogli, e un volume, le NOTE DI EDIZIONE.



Le prime due righe, con l'OK, mi fanno sognare, davvero, perchè si sogna, per quei dieci, dodici secondi...

"...ovviamente a patto che Lei sia in grado di COMPRARE o FAR COMPRARE direttamente dalla NOSTRA CASA EDITRICE un certo numero di volumi... per permetterci di coprire i rischi sulla pubblicazione di autori sconosciuti."...



Ok, se non volete correre rischi, pubblicate solo i classici. Tanto, se non sbaglio, il Governo finanzia le case editrici... sotto certi punti di vista...



Poi, nel contratto... cioè... direttamente in bella... IO DEVO FIRMARE DIRETTAMENTE UN CONTRATTO? E CHI SONO, MICHAEL JACKSON?... non volete prima parlare con me, sapere che faccio, se ho altri ventotto romanzi nel comodino, se sono un pazzo furioso, se potete vendere la mia immagine come padre pio, se ho bisogno di un visagista, di uno psichiatra, di un prete...



Firmi qui qui e qui...



Poi... la cosa piu' bella:

la cifra è XXXX, che può pagare in:

1) contanti

2) bonifico

3) tre comode rate

4) dieci comode rate.



Ora... la pubblicazione NON AVVIENE al pagamento dell'acconto, come quando ti compri un televisore all'unieuro (anzi, il televisore lo paghi sei mesi dopo l'acquisto)... ma solo DOPO che hai SALDATO tutte le rate (contravvenendo al principio primo della rateizzazione, il godere del bene mentre lo si paga) e, badate bene... SE UNA DELLE RATE DOVESSE ESSERE OMESSA la casa editrice potrà decidere di non pubblicare l'opera e NULLA SARÀ DOVUTO.



Premesso che un giorno io e il mio avvocato ci divertiremo...



Dopo il primo momento di indignazione totale e di schifo e di ribrezzo per questi nuovi ladri e imbroglioni... considerando che le note di edizione NON SONO LE STATISTICHE DI VENDITA ma le slinguazzose testimonianze degli autori pubblicati...



... mi rendo pacificamente conto di una cosa.



BRAVI



Sono io che mi indigno. Ma per cosa? Ho un cugino che si indebita per pubblicare racconti di cui se ne salvano due o tre, e parla di amici che "correggono" le sue opere (non sono editor, per carità!), che gli dicono "come e cosa scrivere"... e vende servizi telefonici con riunioni multilevel... e pare che sia felice...



Se la felicità costa duemila euro, rateizzabili..., scusatemi... mi sbaglio io. Davvero.



Domani aumento il listino dei miei abiti da sposa, visto che anch'io vendo sogni.



I miei, almeno, ti fanno sentire regina, per un giorno, ma regina. L'amore, quello, devi mettercelo tu.

16 commenti:

  1. bravo, parole sante. si pensano furbi ma son fessi

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  2. Buonasera,

    sono "un altro scrittore nascosto". Mediocre, aggiungo.

    Ma non tanto mediocre da non ricevere la mia brava copia del contratto (su prefincato, temo), che non ho neanche visto in quanto mia moglie ha provveduto a leggermelo e a strapparlo ipso facto.

    La mia felicità è durata ben due ore. Tale è stato il periodo che mi ha separato dalla bella notizia che mi ha dato mia moglie ("E' arrivata una lettera") alla lettura contestuale via telefono delle condizioni capestro.

    In teoria dovrei ringraziarli per quelle due-tre ore di beatitudine complete.

    In pratica no. Forse perché mi sono affannato (nelle suddette, tragicomiche ore) a spifferare il "segreto" a tutto il bilioso parentado (compresi i miei cugino comaschi che non vedevo da 40 anni circa), amici, conoscenti, colleghi, semplici passanti che storcevano la bocca a notare gli avvitamenti aerei del pazzo invasato in cui mi ero trasformato.

    Poi la doccia fredda e l'odio (allo stato puro) dissimulato sotto una teoria di vorreimanonposso, infondolosapevo e mapubblicarenonèpoituttonellavita.

    Un tragico abbraccio

    PG



    PS Ho 38 anni

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  3. Amor, questo è il post migliore tu abbia mai potuto scrivere da quando sei approdato su splinder. Sarebbe quasi da pubblicare. :)



    (E di cose da dire ne avrei)



    Serena

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  4. ..chi lo diceva che sognare non costa niente?

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  5. Non avrei tale certezza...a volta anche sognare costa..e tanto...:-/

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  6. le case editrici hanno cambiato il loro mercato. non riuscendo più ad arricchirsi con i libri,che sono il cibo dell'anima e del cervello,le tentano tutte per essere loro a cibarsi dei sogni altrui. per quel che vale,io sul tuo modo di scrivere ci investirei.

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  7. La cosa non deve sorprendere e, nei suoi contorni, non appare un fatto scandaloso. Con i tanti che si improvvisano scrittori le case editrici un po' si autofinanziano, un po' si parano il culo ai limiti del legale. E quelle meno visibili spesso ci campano.

    Chi valuta le opere per mestiere dovrebbe essere in grado di distinguere chi ha la materia prima delle esperienze di vita e insieme il dono innato di saperle trasformare in una forma accessibile e gradita. E spesso si lasciano scappare da sotto il naso chi di storie ne ha e ne sa raccontare. Di case editrici o presunte tali ce ne sono finchè basta. Non è il caso di fare i musoni di fronte al primo sberleffo.

    E' bello, mentre si legge un libro, poter essere avvicinati da quella volontà di prenderne un po' per se stessi: l'autore, tramite il libro, non lo dice apertamente, ma in un certo senso vuole che ci si prenda cura di quel che c'è scritto, che faccia parte della nostra vita.

    Oppure, da un libro, possiamo farci accompagnare lungo un viaggio o, dal comodino, lentamente nel sonno. Si può evadere dalle mura di casa, vivere altri posti e persone e immaginare. Sempre che sia rimasto spazio, per immaginare. Semplicemente.

    Chi vuole lasciare scritto qualcosa di sé, qualcosa che possa restare oltre i propri limiti temporali, può farlo. Chi sente questo difficilmente si arrende. Oppure, anche senza tali ambizioni, potrebbe solamente volere rimettersi in gioco. Va bene.

    Tuttavia, ci può stare che un esordiente che parte, sospinto da qualsivoglia afflato, tenendo d'occhio il giusto compenso e l'investimento, si ritrovi sulla testa - come un boomerang - una proposta quasi indecente.

    Quanto al fiuto, mettici che non sono tutti cani da tartufo. Oppure non sono tutti tartufi. E magari ai più i tartufi non piacciono.



    hopfrog

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  8. Beh, te l'avevo detto.

    Sinceramente io il primo racconto l'ho pubblicato con Il Filo. In un anno - son stata fortunata - son rientrata delle spese e mi ci son pagata persino una cena o due (però devono aver alzato le tariffe, a quanto vedo), ho nome e cognome su buona parte dei motori di ricerca (senza aver ucciso nessuno), mi han chiamato in tre o quattro radio - poca roba, dirai, ma io non faccio la stilista né la velina -, e... magari, può darsi che, il prossimo venga letto da qualcuno in editrici "migliori" al posto di finire, come la maggior parte dei manoscritti, nell'archivio circolare (di cui mi son servita anch'io spesso e volentieri quando mi arrivavano sulla scrivania articoli brutti e scritti male). Amor, non sto dicendo che sia giusto, anzi. C'è chi si compra un abito da sogno per usarlo una sola volta, chi un tartufo o due chicchi di caviale, chi si compra un posto al sole o un sogno o niente... e chi un numero ISBN su un libro; perché è proprio quel numerino che fa la differenza... è su quel numeretto che le editrici "minori", cioè le uniche che pubblicano ancora qualcosa, campano, speculano ecc ecc. Ovvio, l'arte e la poesia son altra cosa... tutt'altra cosa.





    PS: a me, almeno, avevano telefonato prima di mandare il "contratto" e, stranamente (perché altri manco lo fanno) il manoscritto l'avevano persino letto.

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  9. E ti ci stupisci pure? In un mondo in cui praticamente tutti rubano, truffano o evadono...

    Io, il mio libro fermo a pagina 27, se mai riuscirò a finirlo lo "pdefferò" e lo pubblicherò gratuitamente su internet.

    Leela

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  10. belissimo questo post e soprattutto vero. Il mondo delle case editrici è un mondo lontano e che t mette anche molta tristezza. Il mio sogno era quello (e in fondo lo è ancora) di lavorare in una casa editrice. L'anno scorso dopo tanta fatica sono riuscita a fare un colloquio con una casa editrice molto famosa di milano. Ti diro' che quando mi hannO telefonato vedevo le stelle e la luna...ero felicissima. cosi' un giorno, dopo aver lavorato, da bergamo ho raggiunto milano.........quando arrivo entro dalla parte proprio della vendita AL PUBBLICO e dopo mezz'ora che aspettavo il colloquio tanto sognato.

    aiutoooooo volevo fuggire, t vogliono sfruttare come dicono loro e per di piu non ti danno niente. volevano che per sei mesi io facessi una ricerca snervante (da non chiudere gli occhi la notte). creare un indirizzario di tutte le biblioteche del mondo, di tutte le università del mondo e docenti che si occupavano di arte tardo antica........

    ok confesso: mi sarei anche buttata pero'...come del resto dici tu.....è giusto rimetterci tanto per un sogno?

    Naturalmente non potevo lasciare il mio lavoro di maestrina per uno che non mi dava una lira e per di piu' non mi lasciava dormire la notte.

    Dimenticavo: la casa editrice, gli uffici erano in una specie di scantinato e la cosa mi ha sorpresa data la fama!!!!!

    Sono fuggita ho fatto bene?

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  11. @Raffaella: sì, hai fatto bene.

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  12. Ieri sera, son andata a comprare un cavo elettrico.

    Il venditore, per uno di quei casi strani del destino, tra una resistenza e l'altra si diletta a scrivere poesie.

    Poesie voltaiche, senza capo nè coda, ma comunque tessute della stessa trama dei sogni.

    Mi ha raccontato, l'elettricista poeta, che si è iscritto due anni fa ad un club di poesia sulla rete.

    Il primo mese, ogni poesia che pubblicava riceveva almeno 60 commenti entusiastici, tutti curiosi del perchè un cotale emulo di Montale non si risolvesse a pubblicare.

    Dal secondo mese in poi, i commenti son arrivati a 70 - 100, tutti con la medesima domanda:perchè non pubblichi?

    Dinanzi ad un tale plebiscito, il webmaster del sito non ha potuto far altro che scrivergli privatamente ed invitarlo ad una simpatica convention a pagamento organizzata dal club dove gli iscritti potevano, in puro stile Speaker's Corner, declamare all'estasiato uditorio le loro creazioni ed i più meritevoli - eletti a furor di popolo - avrebbero avuto accesso ad un colloquio per la pubblicazione.

    Il poeta a transistor declina l'offerta, e ... sorpresa!

    Crollo verticale dei commenti entusiastici, picco delle critiche, insulti misti da parte degli altri utenti e censura.

    Hai letto bene, censura. Gli cancellavano le poesie postate.

    Non solo. Altri sventurati iniziano a raccontare che le convention sembravano più che altro delle riunioni multilevel.

    Se l'uditorio non apprezzava, infatti, potevi comunque sperare di veder pubblicata la tua opera. A patto di portare altri tre poeti che pubblicassero a pagamento.

    Ne nasce un fitto scambio di email col webmaster, il quale - alle indignate proteste del poeta - inizialmente non risponde, poi - visto che l'altro non mollava - gli invia una mail con un file allegato etichettato come diffida legale.

    Il poeta apre l'allegato e trova un documento vuoto.

    Il mattino dopo, il suo pc era defunto.

    Spariti i documenti, i file di sistema e tutto quello che segue.

    Ti ho detto in tempi non sospetti cosa dovevi farne, di quel contratto.

    Anche perchè tu a flippare gli hard-disk sei bravissimo di tuo!

    Un bacio

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  13. @Deank:

    Grazie. Attendo diffida legale De Il Filo.

    Poi ci divertiamo.



    @Miles:

    NEON ha pubblicato un bellissimo romanzo di un esordiente di 38 anni.

    (pile di romanzi della NEON a Feltrinelli... parliamone!)



    @Sere'

    Quindi, essendo questo il mio miglior post, chiudo il blog e vado a fare l'avvocato... ma poi Elizaveta e Madame che fanno, il punto croce?



    @doblon:

    Già



    @silent:

    Ma stai commentando me o doblon?



    @Eliza:

    Certo, io investirei i personaggi de "IL FILO" e il loro vomitevole volume "note di edizione". Giuro, neanche ad una riunione della Folletto..



    @Hopfrog:

    Io mi metterei dietro a quelli de "IL FILO" e lancerei il tuo boomerang.

    E attenderei.

    Il ritorno.



    @Momy:

    Esistono case editrici che ti stampano le stesse copie che ti stampa "IL FILO" per la metà, e il codice ISBN costa 75 Euro.



    @Leela.

    Siamo in attesa del pdf.

    Il mio è su www.dingeo.com/incanto.pdf



    @Raffaella1

    Fatto benissimo.



    @Momy:

    Vedi che quelli di Raffaella1 sono come quelli de "Il Filo"... anzi, della Manunzio Editore.



    @Madame

    Un bacio... che altro vuoi... un'ora me la dai... l'amore è qualcosa di piu' del vino, del sesso che tu prendi e dai...

    ... è una vela, una vela la mia mente...

    (Battisti, Due Mondi... "un bacio" è in realtà "un braccio"... licenza poetica...)

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  14. Magari lo conosci gia.



    http://www.lulu.com



    Ti ho scovato, finalmente. Che piacere.

    Sincerely



    Seppo

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  15. Se volessi pubblicare a pagamento, caro Seppo, l'avrei già fatto.

    Ma non serve.

    E' vero che lulu.com non promette niente che non dia in effetti... (cioè ti consegna un libro "on demand")...

    Ma i libri, da che mondo e mondo, si comprano ancora in libreria.

    Ed io, per me, i PDF li stampo, perchè non c'è niente di piu' bello della carta stampata.

    I libri si leggono a letto, in poltrona, straiati sul divano, in macchina, appoggiati ad una colonna da qualche parte, in un prato, sotto un albero, in treno, in viaggio, davanti al mare...

    Il mio incontro con il poeta che mi ha "ricordato" il mio modo di sentire, Jorge Luis Borges è avvenuto in coda, in banca, per pagare un F24.

    E, mentre leggevo le parole di "Inno"; "E tutto il passato torna come un'onda, e quelle antiche cose sono qui, solo perchè una donna ti ha baciato", ero l'unico della fila che sorrideva.

    In tutti questi posti, un computer, un palmare, un qualcosa, è visibilmente scomodo.

    A meno che non sia la Guida Galattica Per Autostoppisti.

    Ma quello, perdonami, è un film.

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  16. Dear AP,

    Mi ha incuriosito la descrizione del tuo incontro con Borges, che ammetto di non conoscere.



    Mi dici che "i libri, da che mondo e' mondo, si comprano ancora in libreria".



    Per giocare a questo gioco, concordo che tocca affidarsi ad una casa editrice ed alle sue regole - ed un autore esordiente ha poco margine di contrattazione.



    I miei libri in italiano sono stati tutti aquistati in libreria, ma per pura convenienza logistica. Qui nella perfida albione mi concedo visite nelle librerie, ma compro quasi tutto il mio leggibile online da anni con soddisfazione.

    E' chiaro che questo e' un gioco diverso da quello tradizionale. Uno per il quale credo tu abbia gia strumenti (presenza web), esperienza (marketing) e sopratutto attitudine. Piu' esattamente, perche' non partecipare? In che senso questo sarebbe "pubblicare a pagamento"?



    Devo lasciarti, torno alla lettura del mio piu' recente libro in italiano, che porto con me nella tasca della giacca: "La giornata di uno scrutatore", di I. Calvino. Se capita, mi piacera' parlartene ad inizio febbraio.



    Sincerely

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