Certe volte restiamo prigionieri dei luoghi, esattamente come delle situazioni.
Quello che io definisco "vortice" è il Maelstromm di incastri, di coincidenze, di eventi che sono disarmonici rispetto al nostro essere.
In questa psicoanalisi da sabato pomeriggio (che le lettrici sostituiscono saggiamente con una seduta dal parrucchiere) mi permetto di affermare che man mano che si matura, che ci si conosce, si riesce quasi miracolosamente a sapere quello che ci è assonante, e quello che non lo è.
Per me la felicità, come il dolore, sono sentimenti "fisici". Sono materia. Ti piovono addosso.
Il dolore, in particolare, ti stordisce. Il tuo corpo, la tua psiche reagiscono. Intontendoti. Una parte di me crede alla reazione puramente fisica della psiche, che si "difende" con costruzioni mentali che la scienza chiama depressione. E che cura con le pillole.
Nei miei momenti difficili di pillole non ne ho prese. Mai. Di palate in faccia, qualcuna. Poi, lentamente, ho imparato a guardare il Maelstromm da fuori.
E a recidere le parti necrotiche della mia anima.
Per non far espandere il morbo.
L'operazione non è esente da dolore. Ma alla fine scopri che è necessaria.
E che il resto del corpo, quasi miracolosamente, si rigenera e prospera.
E respiri.
E senti.
E la felicità che provi è vera. E sana.
E ha un sapore leggero. Di brezza.
Bene. Questa è la mia nuova casa.
Devono attaccarci ancora la luce. Doppi sensi.
La penombra (doppi sensi, ancora) è di colei che sta diventando, fino a prova contraria, la donna della mia vita.
(Foto dal cellulare. Perché ogni tanto la reflex non me la porto. E il soggetto è sfuggente. Ma è emblematica. E didascalica. Se a qualcuno dovesse alzarsi la glicemia per questo post, cazzi suoi.)