venerdì 21 dicembre 2007

Fenomenologia del fidanzato






Fenomenologia del fidanzato.


Il primo fidanzatino: è proprio quello dell'asilo. In realtà mi hanno detto che mi sono fidanzata direttamente tra le incubatrici, ma non ci sono documenti attendibili. Sembra che il primo uomo che mi abbia toccata mi abbia tenuta a testa in giù e mi abbia presa a sculacciate. Il mio psicanalista mi conferma che è per questo che mi eccitano i camici e quelli che mi fanno soffrire, non necessariamente in quest'ordine.

Il fidanzatino dell'asilo si chiama sempre Marco. Poteva essere anche Luca. Ma questa la racconto a Milano. A Bari dovrebbe essere Nicola, però a me piaceva Marco.

Marco era piccolo. Era davvero piccolo. Piccolo e biondo. Se pensate che io sia Barbie, e lui quindi Ken, vi sbagliate. Io sono Barbie. Lui è Marco. Per questo non ha funzionato.

Anche perchè Io non lo sapevo nemmeno. Ma ora lui è nei miei sogni.



Il primo della classe. E' sempre alle elementari. Poi, magari, crescendo, si guasta. Ha i riccioli. Gli occhi chiari. E' un po' timido, e paffutello. Piace alle maestre, alle mamme, e, quindi, inevitabilmente, anche a me. Ed io ero innamorata di lui perché in realtà non mi cagava di striscio. Perché a quella età, gli uomini sembrano così maturi. E questo vizio mi è rimasto. Ma non è maturità: è il testosterone che non c'è ancora. Anche lui si chiamava Marco.

Ora Marco fa il marittimo sulla Bari-Patrasso.



Ma è alle medie che i ragazzi scoprono veramente le ragazze. E si comincia con i primi baci. E le prime misure. La mia era già una terza, per intenderci, promettevo bene. Loro si misuravano altro. E lo urlavano. “Otto!”, “No! Io dieci!”, “Perdenti!” disse Marco (un altro... ma che strano!) “io Dodici!” Mi gettai sul quel dodici a capofitto, perchè mi sembrava una cosa giusta, tanta, un po' mistica, come i dodici apostoli... oggi mi rendo conto che la religione non offre tutte le risposte, soprattutto per quanto riguarda i numeri. (gesto delle mani a misurare, da grande a piccolo).



Poi dai quattordici anni ai diciotto sei fidanzata con lo stesso ragazzo. Si chiamava... si chiamava  non mi ricordo! (ma un altro, sempre... e come ho fatto a dimenticarmi di lui). Ma lui era il bravo ragazzo. Andavamo insieme al liceo, mi veniva a prendere, mi portava i libri, mi aiutava con il latino, il greco, l'italiano, la matematica, la storia, la filosofia, il tram, la cucina, le scarpe, i pantaloni, le calze, le mutandine... oddio... lui è stato il primo...



Il primo uomo con cui fai l'amore è il primo in tutto. Diventa meraviglioso, diventa indispensabile. Tu riempi pagine e pagine con il suo nome, lo reciti come un mantra, lo incastri come le parole crociate, lo anagrammi come il nome di Dio, lo mescoli col tuo... Roberta... Roberta e Marco... MarcoRoba... una specie di cocktail terrificante tra una marca di jeans da bancarella e un evangelista... spacciatore.



Poi viene quello serio. Quello della torta dei diciottanni. Quello che sta ancora su quella maledetta foto a casa dei miei. Sul divano. Il MIO divano che era diventato il SUO divano. Perché loro lo adoravano... lui, il fidanzato: lo scout, il futuro ingegnere, stava simpatico agli zii, alla mia professoressa di greco...  per mio padre era il compagno di pesca, per mia madre era il padre dei suoi nipoti. Io, invece, adoravo quel divano che era diventato il suo divano. Il divano che aveva accompagnato le mie notti a guardare i serial d'orrore su retequattro, che mi svegliavo con Emilio Fede e pensavo che c'entrasse in qualche modo con il film, oppure ci leggevo Baudelaire, e sognavo i gatti, e il vino, e quel maledetto spleen. No, con lo spleen, ANTONIO non c'entrava. Anche perché non era Marco.



Poi c'è il buzzurro. C'è sempre, dopo il serio. Per opposizione. Ed entra in scena neanche dopo. Entra in scena DURANTE. E non ditemi che è capitato solo a me. (Guarda il pubblico) ...lei, lei in terza fila: stia dalla mia parte... mi comprenda... ero prigioniera... e lui è venuto come un cavaliere a liberarmi... con quelle spalle larghe, quel sopracciglio austero, quel sorriso beffardo. Quel suo pub fumoso. Non mi ha fatto promesse. Ma mi ha fatta felice. Sono state dodici... ore stupende. Solo io e lui. Lui ed io.  Finalmente senza pensare a niente. Perché magari lui non ci arrivava. Ma arrivava altrove. O, almeno, con lui, ci arrivavo, anzi, ci... VENIVO, io. Io e MARCO.



Poi c'è il misterioso. Il cupo. Il tetro. Lo sfuggente. Il poeta, il bohemien. L'artista. Che è meraviglioso. Tutte lo cercano. Lo inseguono. Cercano di tenerlo per loro, di trasformarlo. Volevo farlo anch'io. Mi guardava e quasi mi sorrideva. Mi seguiva, poi spariva. Lo seguivo. E spariva lui.

Per tante e tante volte, quante occasioni negate, quanta fortuna infausta!

Poi ci trovammo davvero in un vicolo. Piovigginava. E lui, lui si voltò. Ci guardammo per un lungo, interminabile istante. Le nostre vite sembravano quelle di tutti gli amanti dell'universo... eravamo lì, sotto la pioggia, un uomo, una donna... il destino infinito. Lui con quell'aspetto da attore consumato, la sua classe, quei movimenti ora bruschi, ora raffinati. E mi disse... “Ma che ombretto... FA-VO-LO-SO... ma cara! devi as-so-lu-ta-men-te dirmelo... ma dove l'hai trovato???”



Poi venne il professore. Marco (ma guarda un po'?) mi affascinò con la sua immensa cultura, con il suo immenso potere di intellettuale, di intellettuale vero. Con lui ero la donna del sessantottino, del rivoluzionario, del grande trascinatore delle folle. Da un convegno all'altro, da una conferenza, ad una notte a suonare canzoni argentine sotto le stelle.

Poi, una volta, mi guardò dritto negli occhi. E la sua luce cambiò. Non erano più i tizzoni ardenti che mi infuocavano e mi rendevano schiava arrendevole ai suoi desideri. E cambiarono. E mi parlò, ad un tratto, mi parlò d'altro... di una vita tranquilla, di una casa in campagna, di un dondolo sotto il pergolato... Mi brillarono gli occhi... mi parlò di matrimonio. Aveva una moglie, e tre figli.



Il manager rampante. E' perfetto. Bello e abbronzato. Macchinona immensa, sicura. Vola da una parte all'altra del mondo, ma che dico, dell'universo. Ti porta a bellissime feste sulle barche. Champagne, caviale.

Ti invita a fine settimana in ville bellissime. Da mille e una notte.

Tutto sul conto aziendale. Purtroppo. Ed io non volli rientrare nelle sue voci di bilancio. Ah... Marco Marco...



Alla fine pensi davvero al principe azzurro: è un puffo. E potete immaginare quanto sia dotato.



Ora mi sono finalmente sposata.

E sono veramente felice.

Ed una storia fantastica.

Il mio amore si chiama... Paola.



(Dalla Piece Teatrale "Pannello di Controllo", di Pasquale Ruggieri e Roberta Tavarilli)







venerdì 7 dicembre 2007

Istruzioni per l'uso

lveronika01

"Tu sei piena di te

in tre occasioni:

quando mangi, perché ti vedo...

quando ti spazzoli i capelli, perché ti senti donna...

e quando fai l'amore."



Faccio un pessimo lavoro.



(Foto di Amorplatonico)

 

lunedì 26 novembre 2007

Ogni tanto



Ogni tanto, mentre lavoro distolgo lo sguardo.



(Foto di AmorPlatonico, Libreria Zanaboni, Torino, durante la presentazione di un libro.)

sabato 24 novembre 2007

Istruzioni per l'uso



Dopo un po', generalmente, si chiudono gli occhi.

E l'arte s'invola.



(Ma oggi sto pensando altro. Sarete presto informati.)

lunedì 19 novembre 2007

Nel cielo sopra noi...



Mi ricordo una canzone di Alice.



"Nuvole

si inseguono cercandosi le nuvole

son vecchi dirigibili le nuvole

nuvole

a quanti amanti parlano le nuvole

nel cielo sopra noi

mi chiedo a chi appartengono

mi volto e trovo l'orizzonte

dei tuoi occhi intriso di ricordi e di sogni e di nuvole.

Giorni passati a scrutare nel cielo

segnali lontani, figure straniere così,

senza cercare di più.


Nuvole

ma quanti mondi vedono le nuvole

dal cielo sopra noi

mi chiedo se ci parlano

mi volto e trovo l'orizzonte. dei tuoi occhi

intriso di racconti e di luci e di nuvole

Giorni passati a scrutare nel cielo

segnali lontani, figure straniere

ragioni di vita sentite dal cuore così,

senza volere di più."


Già, senza volere di più.



Da quando la banca non mi chiama piu' per rompermi gli zebedei sto diventando troppo romantico.

Domani quasi quasi vado e chiedo un fido...



(Foto di AmorPlatonico, Cilento, Mare d'Inverno. Il tizio, stavolta, non l'ho pagato)







"

sabato 17 novembre 2007

Caravaggio



Dedicato a chi

legge ma non legge, ed è convinto di sapere,

sente ma non sente, ed è convinto di conoscerti,

guarda ma non guarda, ed è convinto di aver visto il mondo.



Perché la vita è una forte emozione, mentre per molti è un continuo e fastidioso brusio. Di bellezza.



L'ignoranza è forza, scriveva Orwell.



Senza scomodare Socrate...

giovedì 15 novembre 2007

Faith

       






Alla fine ti ho pure sognata.



Sarà stata l'aria di Roma vicino casa tua.



Sarà stato vedere la scalinata di San Pietro e Paolo, dove scendevi come una dea ed io mi son detto "Madonna, questa donna io l'amo".



Sarà questa luce che apre il cielo e segna i contrasti, o quel brano di Keith Jarreth nell'MP3 che mi ha ricordato di quando l'MP3 non ce l'avevo nemmeno e forse non c'era nemmeno, e tu mi dicesti "Questa è via Dandolo, ti ricordi Caro Diario di Moretti?"... ed il cd galeotto suonò The Koln Concert ed entrambi sorridemmo...



Sarà la Laurentina, ogni volta che la prendo, incasinata come non mai o deserta alle quattro di notte, che mi ricorda il mio amico che mi chiede "allora ceni con noi stasera?" ed io che declino ogni volta l'invito e corro da te.



E saranno ancora i fiorai agli angoli delle strade e tutte le rose che ti ho regalato, e quelle spedite per dirti "ti penso" e tutti i pensieri di quando credevo "ora mollo tutto e vengo a vivere dietro casa tua".



E del profumo di Roma quando piove, l'odore delle foglie, perché a me sembra che questo odore ci sia solo qui, e noi mano nella mano che ridiamo come bambini, raccontandoci di Brunelleschi e Caravaggio, e le storie di Roma cinquecentesca, e le stalle di Castel Sant'Angelo, e i cannoni, e le palle di pietra.



E poi ancora di quando scherzavamo chiamando nel parco i bambini che avremmo avuto e, chissà perché, sono i nomi che mi piacciono di più.



E l'odore dell'erba della collina lì, dietro il Colosseo Quadrato, quando spalmati sul prato ci guardavamo le nostre foto e ci regalavamo libri galeotti, e l'aria respirava di metafisica.



E il tuo Rilke e il mio Borges, entrambi commentati e sottolineati a parlare di noi oltre noi.



E quando ci perdemmo dietro il Ponte Flaminio e la strada per lasciarti si allungò di qualche ora, e si perse anche il navigatore, e si perse anche la notte, che era una di quelle notti che non dovevano finire mai, si persero Paolo Conte e tutte le nostre migliori intenzioni.



E un abbraccio, la prima volta, non voluto e non cercato.



E quel calore, quella sensazione che entrambi ci siamo dichiarati: è stato allora che ho capito.



E cinquecento chilometri tornando a casa, dicendomi "no, non può essere, sono innamorato".



E poi buio.



E poi cercarci.



"Devo dirti una cosa: mi sto innamorando di te."

"Devo dirti una cosa: anch'io".



E la storia la ricordo a ritroso, come il video di Return to Innocence. Il ritorno all'innocenza.



Perché sei innocente.



Perché quando esci, ti lavi il viso, ti sciogli i capelli ed esci, così come sei, e sei bellissima.



E alla fine ti ho pure sognata.



Perché quando un amico ti chiede: "ma tu che ti sei innamorato tante volte... poi... esiste qualcosa che una donna ti ha lasciato che ti manca quando è finita?"...

...alla fine te lo chiedi davvero, e ci pensi.



E non sono cinico, come qualcuno mi definisce...  semmai realista. E la realtà fa male a chi preferisce il sogno ad occhi aperti.



E' stato bellissimo.



E, se non ci fosse stato, la mia vita avrebbe un pezzo di bellezza in meno.



Spero che tu sia felice.



Io, qui, leggo:



UN POPOLO DI POETI DI ARTISTI DI EROI

DI SANTI DI PENSATORI DI SCIENZIATI

DI NAVIGATORI DI TRASMIGRATORI



e penso a me, qui, ora, alla mia vita e a quello che sono, e un sorriso mi spunta sulle labbra.



(Foto, come sempre, di AmorPlatonico. Roma, Palazzo della Civiltà Italiana o Colosseo Quadrato, EUR, cielo gentilmente offerto dalla Città Eterna, profumo non documentabile, bianconero di Photoshop, ma il contrasto c'era davvero. Se non vogliamo prenderci altre responsabilità, incolpiamo pure la Falanghina, tra l'altro ben al di sotto della modica quantità. Mai postare le foto e poi addormentarsi.)