"Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche
Le tue scelte sono scommesse. Come quelle di chiunque altro....
Fa' una cosa ogni giorno che sei spaventato... canta...”
(Accetta il consiglio – The Big Kahuna)
C'entra poco con la musica e col canto, ma è una canzone che mi viene spesso in mente, ultimamente. Ed è quando, più che spaventato, mi sento “complesso” che ripenso ad un altra cosa che mi ha affascinato quando ero bambino: un video che si chiamava “potenze di dieci” (solo chi amava il Quark pomeridiano di Piero Angela quando la Rai era la Rai se lo ricorda!): un viaggio nelle dimensioni partendo dalla mano di un tizio che riposava in una zona da picnic negli States e allontanandosi fino ai confini dell'universo e viceversa, di dieci in dieci, indietro fino ai nuclei degli atomi nel suo corpo...
Una cosa del genere ti ridimensiona la vita, e ti rendi conto di essere parte di un universo in gravitazione e non il suo centro come spesso accade, se non esci al di fuori dei tuoi limiti. E non ti deprime. Non ti fa sentire un “nulla”... ma una parte attiva. Una cellula pulsante di un essere infinito. E le tue questioni si marginalizzano e si rimarginano. Sempre.
Ma di qui mi vien fuori una domanda. Una di quelle che ti vengono “allontanandoti da te stesso”. Perchè solo così accade...
Mi chiedo, nell'ottica della “parte pubblica” della teoria sull'Amor Platonico, quella che piace tanto ai romantici, quella dell'essere unico con quattro braccia e quattro gambe separato all'origine e alla perenne ricerca dell'altra metà per essere uno, completo, “dove sia” questa metà, questa giusta metà....
Perché, pensando alla mendacità dei nostri sensi e alle Leggi di Murphy, teoricamente l'altra metà del nostro essere potrebbe essere dovunque, non necessariamente nella nostra cerchia di amici, nei posti frequentati. Potremmo non incontrarla mai. O averla sotto mano.
Mi chiedo a che punto sia allora la mia ricerca (la risposta dovrebbe essere: se e quanto sono felice, ma questo è un altro post :) ), guardando, da fuori, le coppie intorno a me, conosciutesi in vancanza, sul posto di lavoro, amici di amici...
Allora... dovrei partire (o dovremmo partire tutti) per la Patagonia o semplicemente sentire nel nostro compagno la “percentuale” dell'essere unico piu' alta possibile o ingannarci con le proiezioni dei nostri desideri (e limiti, per carità), oppure semplicemente credere che tutte queste siano fandonie e vivere alla giornata?
E distinguere allora la quotidianità dalla lenta costruzione(*), la passione dal fruscio di scopa nuova, l'eccitazione dall””ombra della luce”(**)?
E il Grande Amore, allora?
O esistono i Grandi Amori?
O le egoistiche solitudini (e le continue compagnie)?
O una res media da suicidio?
Mah...
Vi dò un consiglio: se un pomeriggio vi capita davanti il mare d'inverno(***), non portatevi appresso il portatile.
Credits:
(*) Ivano Fossati, Discanto
(**) Franco Battiato, L'Ombra della Luce
(***) Enrico Ruggeri, Il Mare d'Inverno.