lunedì 6 marzo 2006

ON STAGE - 2

Premessa:
Sfilata di metà stagione vendite, in cui si presentano sia gli articoli più raffinati, per distinguersi dalla concorrenza, sia "il pane quotidiano", sia, per chi può, le anteprime.
Io ero lo stilista delle anteprime.
Prima Sfilata: presento tre capi da sposa: uno giallo cangiante, tutto taffetas tricangiante nei toni dell'albicocca e dell'oro, uno bianco con un corpetto tempestato di Swarowski e uno spacco alla mutanda (così è se vi piace) e un cappello in tulle e piume e un terzo abito da sposa con un corpetto in tulle veletta ricamato in bordeaux e una gonna  in bicolore, bianca e bordeaux. Siamo all'empasse per far sfilare un quarto capo nella seconda sfilata, eliminando un vestitino moscio del "pane quotidiano" per inserire qualcosa di nuovo.

Titolare dell'Atelier:
- "Sai, questo è AmorPlatonico, lo stilista... fa dei capi particolarissimi... "
Amica
- "Oh! che piacere!"
AmorPlatonico
- "Piacere mio, Signora"... (C6H12O6)
T. d'A.:
- "Sai pensavamo di eliminare uno degli abiti meno in vista per aggiungerne un altro dei suoi, che son così particolari... secondo te cosa dovremmo togliere?"
Amica:
- "Mah... io toglierei quello giallo, che c'entra poco con la sposa... oppure quello con lo spacco, sì quello con lo spacco... non è molto decoroso... oppure in fondo quello rosso, visto che non siamo a Natale"
AmorPlatonico + T. d'A:
";-("

Come dice un mio amico,  grandissimo stilista del passato e ora finalmente in pensione ("ma che fate voi delle spose?")...
"Non ho parole"...

sabato 4 marzo 2006

ON STAGE

Questo è un off topic con me stesso.

Domani una nuova sfilata, con una collezione nata dopo la fine (speriamo) di un lungo travagliato momento della mia vita: una separazione, la risoluzione di una pesante eredità debitoria (grazie papà!), una nuova casa, un  lasciarsi dietro un sacco di compromessi.

Perché i compromessi sono errori che si pagano. Perché significa mentire non a qualcun altro, ma a te stesso. E non parlo delle quisquiglie.

Le persone, ho capito, comprendono soltanto una cosa: LO STAMPATELLO MAIUSCOLO.

Fatemi gli auguri!

lunedì 27 febbraio 2006

Automatica


Esiste un livello di coscienza semionirico in cui valutiamo (uso il noi per sicurezza, per evitare la follia) la realtà rapportandola alla conoscenza/coscienza di noi stessi.

Il resto è una corsa verso le cose da fare, progressive, rutilanti, per sopravvivere.

Quando queste due correnti si toccano, la percezione del sé e il contatto con il mondo esterno, credo che si possa parlare di felicità.

Quando si manifesta l'impeto creativo, quando i nodi del reale si sciolgono. Quando sei padrone della tua vita. Davvero. E non ti costa in maniera esagerata. E non chiamatelo "la giusta corrente", perchè alla new age abbiamo già dato, per scherzare ma l'abbiamo fatto.

Smentitemi.

(Post dedicato all'Amica che mi dice che "uno come me" dovrebbe scrivere tutti i giorni. E quando l'"uno come me" non ha nulla d'importante da dire?... e poi, pensandoci, quell'"uno come me" è talmente pieno di difetti che non è un "uno come me"... ah, se lo incontrate, quell'"uno come me"... ditegli che lo sto cercando per dirgliene quattro...)

sabato 25 febbraio 2006

Dietro l'angolo?



"Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche
Le tue scelte sono scommesse. Come quelle di chiunque altro....
Fa' una cosa ogni giorno che sei spaventato... canta...”
(Accetta il consiglio – The Big Kahuna)


C'entra poco con la musica e col canto, ma è una canzone che mi viene spesso in mente, ultimamente. Ed è quando, più che spaventato, mi sento “complesso” che ripenso ad un altra cosa che mi ha affascinato quando ero bambino: un video che si chiamava “potenze di dieci” (solo chi amava il Quark pomeridiano di Piero Angela quando la Rai era la Rai se lo ricorda!): un viaggio nelle dimensioni partendo dalla mano di un tizio che riposava in una zona da picnic negli States e allontanandosi fino ai confini dell'universo e viceversa, di dieci in dieci, indietro fino ai nuclei degli atomi nel suo corpo...


Una cosa del genere ti ridimensiona la vita, e ti rendi conto di essere parte di un universo in gravitazione e non il suo centro come spesso accade, se non esci al di fuori dei tuoi limiti. E non ti deprime. Non ti fa sentire un “nulla”... ma una parte attiva. Una cellula pulsante di un essere infinito. E le tue questioni si marginalizzano e si rimarginano. Sempre.


Ma di qui mi vien fuori una domanda. Una di quelle che ti vengono “allontanandoti da te stesso”. Perchè solo così accade...


Mi chiedo, nell'ottica della “parte pubblica” della teoria sull'Amor Platonico, quella che piace tanto ai romantici, quella dell'essere unico con quattro braccia e quattro gambe separato all'origine e alla perenne ricerca dell'altra metà per essere uno, completo, “dove sia” questa metà, questa giusta metà....


Perché, pensando alla mendacità dei nostri sensi e alle Leggi di Murphy, teoricamente l'altra metà del nostro essere potrebbe essere dovunque, non necessariamente nella nostra cerchia di amici, nei posti frequentati. Potremmo non incontrarla mai. O averla sotto mano.


Mi chiedo a che punto sia allora la mia ricerca (la risposta dovrebbe essere: se e quanto sono felice, ma questo è un altro post :) ), guardando, da fuori, le coppie intorno a me, conosciutesi in vancanza, sul posto di lavoro, amici di amici...


Allora... dovrei partire (o dovremmo partire tutti) per la Patagonia o semplicemente sentire nel nostro compagno la “percentuale” dell'essere unico piu' alta possibile o ingannarci con le proiezioni dei nostri desideri (e limiti, per carità), oppure semplicemente credere che tutte queste siano fandonie e vivere alla giornata?


E distinguere allora la quotidianità dalla lenta costruzione(*), la passione dal fruscio di scopa nuova, l'eccitazione dall””ombra della luce”(**)?


E il Grande Amore, allora?


O esistono i Grandi Amori?


O le egoistiche solitudini (e le continue compagnie)?


O una res media da suicidio?



Mah...


Vi dò un consiglio: se un pomeriggio vi capita davanti il mare d'inverno(***), non portatevi appresso il portatile.


Credits:
(*) Ivano Fossati, Discanto
(**) Franco Battiato, L'Ombra della Luce
(***) Enrico Ruggeri, Il Mare d'Inverno.

martedì 10 gennaio 2006

Una certa età

Due sono le cose.

Sono vecchio. Mi scordo riferimenti a cose lette, o, peggio, cose scritte, passi di libri che prima sapevo a memoria, a menadito. Sarà lo stress. Sarà la mancanza di fosforo. Saranno le letture di Pirandello che mi mancano.

Sono cresciuto. Mi accorgo della differenza tra il sapere e il sentire. Divento permeabile, trasparente, traspirante. Le cose, gli eventi, le sensazioni, la stessa poesia mi attraversano, lasciano l'odore, il profumo, e poi vanno via, lasciando il posto a nuove sensazioni.

Non lo so.
Davvero.
La mia essenza decadente odia la prima e romanticizza sulla seconda. Ma sono le due facce della stessa medaglia, dua aspetti della stessa verità.
E non posso mentire a me stesso.