Teoria dell'Abbraccio
Abbraccia la mia giacca sotto il glicine
e fammi correre.
Fossati, Il bacio sulla bocca
(Passeggiavamo sul lungomare, a prima notte, a fine inverno. Ti presi la mano, per la prima volta, quasi d'impulso e, dapprima, la abbandonasti alla mia, poi cominciasti a stringerla ed accarezzarla. D'un tratto irrompesti: “Le persone non si abbracciano più. Passano direttamente dal presentarsi al desiderio del corpo. E dal sesso al saluto, e a perdersi. Ancora e ancora. Senza abbracciarsi. Si sfiorano senza toccarsi realmente, per quel che vale invece un abbraccio, che è concedersi, più che nel corpo, nell'essenza.”)
Io non sono nulla. Sono un alito di vento, uno stormire di fronde.
Io non sono nulla: l'ombra mia non è nera, ma infiniti toni di grigio che si confondono con la terra, e quasi non me la ritrovo. Sono senza passato, senza traccia.
Qualche volta, temo, senza futuro. Sono forse l'eterno presente, ma non mi inganno: qualche volta sento di non durare.
Io sono il sottile. Qualcuno, noto, mi chiama l'attimo senza tempo: forse s'inganna, non so. Io sono il dubbio, il dubbio e la forza dei temerari.
Io sono la volpe che attraversa la strada. Sono la falena che danza intorno alla lampada.
Io sono le notti di luna. E le notti di stelle.
Sono le onde del mare. E sono il ricordo delle onde del mare. E non sono le onde del mare, e neanche il loro ricordo. Sono la sensazione, ecco, ora sono più chiaro, riesco a vedermi: sono la sensazione delle onde del mare. Delle onde, del vento, del mare.
Ora, mi specchio nei tuoi occhi e rammento: io sono il battito delle ali di Eros, quando scende nel cuore e ti innamora.
E da me e per me,
Tu
Conosci.