mercoledì 24 giugno 2009

Il rutilante mondo della moda



Inutile dire che sono un utilizzatore della rete: uso Skype, la mail, l'ftp, il remote desktop per controllare da casa il computer dell'ufficio e viceversa, stampo dall'altra parte dell'Italia, leggo le notizie su Repubblica.it.



Ogni tanto passo la notte su wikipedia come da bambino sull'enciclopedia Labor.



Io non sono un santo.



Qualche anno fa mi sono iscritto a meetic. E ho conosciuto delle tipe che vi andavano per sentirsi corteggiate. E l'ho fatto. E siccome sono un grande affabulatore (qualcuno direbbe "inguaribile istrione"), ho mietuto qualche vittima.



Ma tutte inutili, perché cercavo anima lì dove c'è solo il corpo.



Alla fine la vittima sono stato io. E di me stesso, per carità. Perché ogni vittima il carnefice se lo sceglie.



Poi ho aperto un blog, che è questo qui.



Molti di voi sanno chi sono. Per altri sono uno pseudonimo un po' strano. Per la mia compagna, conoscendo i precedenti, lo pseudonimo non è esattamente azzeccato.



Ma tant'è...



Io non sono un santo, ripeto.



Quando ero giovane, e non capivo, mandavo quasi per divertimento la stessa lettera a due ragazze diverse.



Con una ci stavo, con l'altra c'ero stato.



In uno stupido gioco di parole e di mezze verità. Che tanto speravo che due mezze verità ne facessero una intera.



Ma così non è.



Poi in questo blog è passata una parte dolorosa della vita mia. Ed è servito a questo, a sfogarmi, a mettere in belle lettere delle sensazioni, dei sentimenti, ma anche delle vicende reali e immanenti. E a guardarle, magari, da un po' piu' lontano per renderle gestibili.



Un po', rileggendo, è servito.



In particolare se sono qui a scrivere questo e non da qualche altra parte a disperarmi per la distruzione di un mondo, di una vita, di una carriera.



Perché, poi, tutto torna a posto.



E rinasce, forte, vero, sano.



E l'amore è l'Amore, per il quale si costruisce e ci si sacrifica. E che non inganna, non tradisce, non si sporca.



Ora con FaceBook ho ritrovato gli amici d'un tempo. E magari ho chiarito alcune cose. Altri, son simpatiche comparse.



Perché, - ripeto - poi, tutto torna a posto.



E rinasce, forte, vero.



Perché si eliminano un sacco di cose inutili, che fanno perdere tempo, che fanno distrarre dagli obiettivi veri.



Che abbiamo sostituito agli obiettivi veri, per negligenza, per paura, per pigrizia.



Perché il caos è bello da descrivere, ma anche facile, impressionante e impressionabile.



Fa scena, fa teatro.



Ma lascia solo strascichi inutili.



Ora guardo alla bellezza, vera, unica, sola.



Ed è sacrificio, e costruzione.



Lenta costruzione, come canta il mio Fossati.



E spero - e sento - di sbagliarmi sempre di meno (o, almeno, di fare errori nuovi).



Di lettere ne mando una sola, ad una persona alla volta. E tutte diverse, e tutte pensate.



Perché - credetemi - il teatro non serve.



E la rete, di teatro, ne ha tanto. E di pessima qualità.



(Ai miei bambini, e al Gasterorattopodonte).



(Foto di AP, i sanitari del padiglione 3 di FieraMilanoCity, che per un curioso scherzo delle fotocellule, scaricano acqua tutti insieme appena ti sbottoni la patta. Che, se da una parte contribuiscono all'eccedenza della bolletta della fiera, dall'altra sono un misero applauso alle lumachine tristi dei grigi utenti milanesi. E di qualche romano, che ha bisogno di spasimare dietro le ex mandando mail smielose, finchè, come dice quel santo di Gattuso, non gli rompo il culo).

giovedì 11 giugno 2009

Salvati almeno tu...

poppies

Per disintossicarmi delle lettere in burocratichese che sto leggendo e, ahimè, scrivendo, in tutta questa atmosfera kafkiana (ma chi è questo Kafkian?), credo che comincerò finalmente a scrivere metodicamente le "Mirabili avventure dell'ultimo Gasterorattopodonte rimasto sulla Terra".



Per la gioia della mia bambina, presidente del Gasterorattopodonte fan club.



(Foto di AP, diventata marchio aziendale).