venerdì 28 marzo 2008

Variazioni sul tema

keys

Splinderiana: E così le hai chiesto di sposarti. Ma non sei ancora divorziato...

Io: Divorzio avviato. Attendiamo istruzioni dall'alto. Questa era una prova... una prenotazione, diciamo...

Splinderiana: Quindi?

Io: Niente... le ho chiesto "Vuoi sposarmi?" e lei...

S: Lei ti ha lanciato un ferro da stiro?

Io: No, mi ha detto di sì...

S: Allora glielo hai lanciato TU il ferro da stiro?



Questa la voglio come testimone. Giuro.

Ho anche un vago sospetto su che tipo di regalo ci farà.

Traslochi

llovetonight

Siccome l'uomo è strano, si porta prima il letto. Poi si dimentica tutta l'elettronica a casa vecchia. E pare brutto lasciarla lì.



E allora dorme dentro un sacco a pelo(*), per svegliarsi presto e portare queste scatole scatolette vestiti bicchieri pentole elettrodomestici armadi porcamiseria armadi il tutto per due comode rampe di scale a chiocciola.



E poi gli vengono strani pensieri.



E manda strani messaggi.



SMS LUI "SPOSAMI"

SMS LEI "Sì, Ti sposo."

(preoccupato, respira, respira. Temerario, insiste)

SMS LUI "Guarda che non si accettano resi"

SMS LEI "Sì. Amore mio."



Porca miseria, faccio sempre così. Non mi controllo. Mi vengono fuori.

Perché le cose si fanno d'istinto.



Com'è che diceva De André? "Il risposarsi è la vittoria della speranza sull'esperienza."



Il vero problema è che LEI non cancella mai i miei messaggi.



(*) citazione dotta da Battiato, Mesopotamia, che è tutto un bel dire ("Che cosa resterà di me, del transito terrestre? di tutte le impressioni che ho preso in questa vita?").

venerdì 14 marzo 2008

Prigioni



Quando ami, ami e basta:

se cominci a farti troppi calcoli,

allora, tanto vale, andare a puttane.

Così il costo lo sai prima.

(Considerando che, in tal caso, l'investimento emotivo è pressoché lo stesso).





Grazie, come sempre, a PensieriDiCarta per la sintesi.

Foto, a scanso di equivoci, mia. Sbarre di Photoshop.

Perché le sbarre, spesso, ce le creiamo da soli.



giovedì 13 marzo 2008

Ipse dixit

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Molto tempo fa ero fidanzato contro una tizia.

Più che fidanzato, ne ero ossessionato. Perché quando non ti conosci, le passioni sono ossessioni.



Era come piacevano a me le donne: bionda, con gli occhi di un celeste infinito, gli zigomi alti, la fronte spaziosa. E una bella terza, per accontentare la bestia che c'è in me.

Eravamo compagni di classe, al liceo. Di fatto ci siamo corteggiati per tutti gli anni che abbiamo trascorso a scuola. Poi, complice l'esame di maturità o schiavi dell'ormone, ci siam fidanzati.



Eravamo "quelli bravi", "quelli di cultura". Ci univano, oltre al vissuto, oltre all'amore per l'arte, alla stima reciproca, ad una certa attrazione, una profonda fiducia, una profonda conoscenza l'uno dell'altra.

Per quanto sia lecito pensare di conoscere l'universo femminile, per carità.

(Io oggi mi alzo la mattina e non so con quali casini mi allieterà la giornata la mia donna, ma odio le storie noiose).

La storia finì perché avevamo, probabilmente, anche gli stessi difetti. O troppi difetti, e gli stessi.

Ma non so, non mi interessa più.



C'è sempre un momento, nelle grandi storie, tra persone civili, in cui si parla.

E si parla in quegli attimi che sembrano eterni, con le mezze luci, in un portone, o davanti ad una vetrina, perché ti incontri per caso e affronti lì l'argomento della tua vita.



Era finita. Perché il rancore aveva superato la voglia di stare insieme, perché l'imperfezione aveva superato la bellezza.

E l'imperfezione è una isteria d'angoscia: la bellezza c'è, ma non te la fa vedere. Perché la bellezza è oggettiva, l'imperfezione è soggettiva.

Ma resta tutto il resto: il vissuto, le analogie, le affinità elettive.

E la paura, in fondo, di non trovare nessuno così, che balli alla musica di Laurie Anderson o commenti Francesco Petrarca direttamente in dialetto.

O che ti regali delle rose. Piccole, timide. Perché grandi significa "torniamo insieme".



E fu in quella luce al neon di quello studio fotografico che lei mi disse:

"La tua anima non morirà mai. Non ti capiterà mai di diventare arido".




E' vero. non ci sono mai riuscito. Sebbene, magari, abbia provato più volte a distruggere questa sensibilità che parecchi casini ha procurato alla mia anima, alla mia vita, alle mie direzioni.



Oppure, un giorno, cominci ad assecondarla. E respiri appieno.



Grazie.



(Foto per la campagna "Poscaboys by Trucks", tra breve su tutti i 6x3 e gli autobus di Bari e provincia.)

mercoledì 12 marzo 2008

Le donne sono animali strani

Sono in Calabria, nell'azienda di cui sono il direttore commerciale. Vediamo tessuti, pizzi, merletti. Ci lanciamo in nuove idee e tiriamo le somme dei vecchi progetti.

Il tutto, ovviamente, condito con parecchia ironia, molto cameratismo e molto peperoncino.

Ma, stavolta, scusate, il vino l'ho portato io, perché il Cirò non lo capisco. Tredici gradi di assoluto mattone. Lo bevi e basta. Un mattone. Mi sembra di essere Calvi con i mattoni, appunto, in tasca impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri.  In realtà lo faccio per il fegato:  se lo devo distruggere,  che almeno abbia il retrogusto di bacche.



La segretaria mi interroga:



- Mi giungono voci che lei si sia fidanzato... in effetti si vede, è così sorridente... e non è più cinico verso le donne!!!



- Guardi, non è esattamente così... io resto cinico. Solo che la mia donna è eccezionale.



E continuiamo a fare ipotesi su chi-come-quando e in particolare perché.



Squilla il telefono.



- Ciao, ti ricordi di me?



(per sicurezza, guardo il nome sul display)...



- Certo! Come stai?



- Bla bla bla...



Era la ragazza con cui sono uscito qualche giorno prima di gettarmi a capofitto nella storia con la mia donna, quando decidi varcare il confine sottile e tremendo che va dall'amicizia all'amore. Sperando che non torni indietro.



- Allora come stai?



- Mi sono fidanzato!



- Veramente anch'io frequento una persona... che non ha sbagliato nulla...



- Perché... io ho sbagliato qualcosa?...



- Beh, sì... avevate entrambi le stesse possibilità...



Mi sono sentito come Stella Solitaria che combatte con Lord Casco Nero in Balle Spaziali.



Grandi domande:



1) Che CAZZO significa "avevate le stesse possibilità?" che ti andavamo bene entrambi? allora non ti va bene - realmente - nessuno dei due. In amore si sceglie, ci si guarda dentro, dentro e fuori, si sente non il brivido della conquista (quello è per le storie da una notte - e basta, dico, abbiamo già dato!), ma un sentimento più maturo, più lento, più delicato.



2) Tu hai commesso degli errori.

No. Ho smesso di frequentarti perché non mi andava un'altra storia "a breve". Tanto, non avrebbe funzionato.



3) E a che cavolo serve continuare a fare la ruota? dirmi "potevi essere tu"... Non volevo essere io. Semplicemente. Perché non ho sentito le campane. Perché la bellezza, da sola, non basta. Perché ci sono storie su storie, e vissuto, e da vivere, che mi affascina. Non si vive in vacanza.

E per molti, una donna è una vacanza. Perfetta. Che finisce. Per me, no.

Quindi, amica mia, al massimo, ringraziami. Ti ho fatto incontrare l'uomo della tua vita. O un uomo. O, comunque, uno che non sono io. Ti sei salvata da me, in fondo.



Almeno, offrimi un caffè.



Caffè, per due, grazie. A me senza zucchero, che mi piace, dopo, sentire il sapore in bocca.



(E comunque, il resto, è diverso.

Si chiamano vite parallele.

Si chiama camminare insieme, per strada, senza porsi l'annosa domanda: "ma che cavolo vuole questa da me?".

Perché la domanda te la poni. Sempre.

Ma la risposta non c'è, non è scontata, non è un programma da attuare. Non è una relazione politica.

La guardi, ti guardi, sorride, sorridi, continui a camminare.

Sembra un film.

Ma sono molto più di due ore, e non è ancora finito.)

venerdì 7 marzo 2008

La luce della luna



Certe volte restiamo prigionieri dei luoghi, esattamente come delle situazioni.



Quello che io definisco "vortice" è il Maelstromm  di incastri, di coincidenze, di eventi che sono disarmonici rispetto al nostro essere.



In questa psicoanalisi da sabato pomeriggio (che le lettrici sostituiscono saggiamente con una seduta dal parrucchiere) mi permetto di affermare che man mano che si matura, che ci si conosce, si riesce quasi miracolosamente a sapere quello che ci è assonante, e quello che non lo è.



Per me la felicità, come il dolore, sono sentimenti "fisici". Sono materia. Ti piovono addosso.



Il dolore, in particolare, ti stordisce. Il tuo corpo, la tua psiche reagiscono. Intontendoti. Una parte di me crede alla reazione puramente fisica della psiche, che si "difende" con costruzioni mentali che la scienza chiama depressione. E che cura con le pillole.



Nei miei momenti difficili di pillole non ne ho prese. Mai. Di palate in faccia, qualcuna. Poi, lentamente, ho imparato a guardare il Maelstromm da fuori.



E a recidere le parti necrotiche della mia anima.



Per non far espandere il morbo.



L'operazione non è esente da dolore. Ma alla fine scopri che è necessaria.



E che il resto del corpo, quasi miracolosamente, si rigenera e prospera.



E respiri.



E senti.



E la felicità che provi è vera. E sana.



E ha un sapore leggero. Di brezza.



Bene. Questa è la mia nuova casa.



Devono attaccarci ancora la luce. Doppi sensi.



La penombra (doppi sensi, ancora) è di colei che sta diventando, fino a prova contraria, la donna della mia vita.



(Foto dal cellulare. Perché ogni tanto la reflex non me la porto. E il soggetto è sfuggente. Ma è emblematica. E didascalica. Se a qualcuno dovesse alzarsi la glicemia per questo post, cazzi suoi.)