sabato 29 dicembre 2007

La multa




Entra in scena sventolando una multa in mano, molto molto arrabbiata.



(Parla tutto d'un fiato, visibilmente eccitata)



Ecco, non è possibile, ancora!



Non ce la faccio più, è diventata un'ossessione: me lo ritrovo anche in sogno, mi perseguita!



Ma oggi ero sicura di essere stata attenta, fin dall'inizio: ho acceso la macchina, ho messo la retromarcia e stavolta ho guardato pure dallo specchietto retrovisore.



Mi sono truccata a casa: nessuno mi può dare colpa. E ho ricevuto solo tre telefonate. Ne ho fatte sei, io... ma che c'entra... mica uno può uscire dalla società solo perché sta guidando... ma ho messo tutte le frecce che dovevo mettere. Ho messo pure le quattro frecce ogni tanto.



Mentre guidavo ho sentito solo tre volte un clacson suonare contro di me. Sono stata attenta... (sognante) Ma che bello quel pezzo dei Village People... (canta) YMCA... (ripete il ritornello a voce alta) e poi ho guidato solo dieci minuti. E poi stavo al semaforo mentre cantavo. Cantavo... canticchiavo! Ma era un semaforo o uno stop? Comunque sono convinta che avrei dovuto fermarmi. E mi sono fermata.



Fatto sta che ora decido di parcheggiare... faccio un parcheggio regolarissimo, proprio da scuola guida, mi metto a destra della macchina, sterzo... dopo un po' sterzo dall'altro lato... non so esattamente quando, ma mi è riuscito bene, solo le ruote non sono proprio attaccate al marciapiede... ma ho i tacchi.



Ho fatto le cose da manuale, come dovevano essere fatte.



Ma c'è LUI, maledetto, che mi perseguita.



Ormai mi odia, ne sono convinta, mi ha puntata, ha deciso che sono io la sua vittima, e la sua vittima sono (sventola la multa).



Io non voglio dare la colpa all'autorità, ma deve capire che il passo carrabile si mette LUI sempre davanti alla mia macchina...



(Dalla piece teatrale "Pannello di Controllo" di Pasquale Ruggieri e Roberta Tavarilli)



(Roberta Tavarilli fotografata da Pasquale Ruggieri, in arte AmorPlatonico)

Sarà



Sarà che guardo sempre di più i particolari.

Sarà che adoro il mio 500 millimetri.

Sarà che uso Photoshop come la camera buia quindici anni fa.

Sarà anche che due giorni di influenza modificano di gran lunga le proprie capacità mentali.

Stravolgimenti nella fisica

L'inverno e l'influenza portano a nuove scoperte nell'ambito della fisica.



Gli stati della materia conosciuti sono ora cinque:

1) solido (mattoni, salame, panettone)

2) liquido (acqua, vino, cognac, whiskey)

3) gassoso (aria di mare, aria di casa mia, aria di libertà, fumi vari, legali o illegali se non in modica quantità)

4) plasma (non quello sanguigno)

5) diarrea.



Il quinto stato è catastrofico, molto, molto vicino all'antimateria.



(Se fosse gentilmente possibile richiamare il dinosauro che da due giorni ha le zampe sulla mia pancia, sarebbe cosa assai gradita).

mercoledì 26 dicembre 2007

Tempismo



Qualche mese fa mi avevano commissionato la foto di un gabbiano. E impazzii per due o tre giorni perché non ne trovavo.

Oggi l'intero mare davanti casa mia è pieno di macchie bianche. E ognuna di queste è un gabbiano, una albatros, una gabbianella.

Io sto per andare via di qui, e tra poco non sarà più questo quanto vedrò ogni mattina.

Si chiama tempismo.

Come nella vita, come nell'amore.

Ci sono certe situazioni che si incastrano stranamente, e buffamente.

Una specie di stanza delle occasioni mancate.

E altre occasioni si presentano all'orizzonte, perché le scelte sono ponderate, e profumano di nuovo, e di bello.

Il mare c'è anche lì dove mi sto trasferendo, a pochi metri. Si faranno due passi, due passi in più. E sono al centro di un mondo che mi sto costruendo attorno. Ed è la casa che mi si cuce addosso. Credo.

Sembra che il mondo degli addii sia colorato di perfezione, come se fosse il colpo di coda di un qualcosa che non vuole essere abbandonato.

Io, per non saper né leggere né scrivere, ho imparato a ricordare: questo mondo che mi saluta me lo porto con me così.



(Gli addii si colorano di perfezione perché hanno assunto immediatamente il carattere del ricordo, perché sono praticamente irreversibili. Il bello sarebbe gustarsi così il resto della vita. Ci stiamo attrezzando.)

martedì 25 dicembre 2007

Sorprese di Natale

lcagliostro03

L'edizione è veramente antica. E il gatto si chiama Cagliostro. A buon intenditor.

domenica 23 dicembre 2007

AAA

lmonica15

Cercasi donna intelligente

Possibilmente naturale.

Da non ricostruire con il Photoshop del cuore, che non sta bene...



(Alcuni affermano che cercando "donna intelligente" su Google, si mandi in crash il computer).

 

venerdì 21 dicembre 2007

Fenomenologia del fidanzato






Fenomenologia del fidanzato.


Il primo fidanzatino: è proprio quello dell'asilo. In realtà mi hanno detto che mi sono fidanzata direttamente tra le incubatrici, ma non ci sono documenti attendibili. Sembra che il primo uomo che mi abbia toccata mi abbia tenuta a testa in giù e mi abbia presa a sculacciate. Il mio psicanalista mi conferma che è per questo che mi eccitano i camici e quelli che mi fanno soffrire, non necessariamente in quest'ordine.

Il fidanzatino dell'asilo si chiama sempre Marco. Poteva essere anche Luca. Ma questa la racconto a Milano. A Bari dovrebbe essere Nicola, però a me piaceva Marco.

Marco era piccolo. Era davvero piccolo. Piccolo e biondo. Se pensate che io sia Barbie, e lui quindi Ken, vi sbagliate. Io sono Barbie. Lui è Marco. Per questo non ha funzionato.

Anche perchè Io non lo sapevo nemmeno. Ma ora lui è nei miei sogni.



Il primo della classe. E' sempre alle elementari. Poi, magari, crescendo, si guasta. Ha i riccioli. Gli occhi chiari. E' un po' timido, e paffutello. Piace alle maestre, alle mamme, e, quindi, inevitabilmente, anche a me. Ed io ero innamorata di lui perché in realtà non mi cagava di striscio. Perché a quella età, gli uomini sembrano così maturi. E questo vizio mi è rimasto. Ma non è maturità: è il testosterone che non c'è ancora. Anche lui si chiamava Marco.

Ora Marco fa il marittimo sulla Bari-Patrasso.



Ma è alle medie che i ragazzi scoprono veramente le ragazze. E si comincia con i primi baci. E le prime misure. La mia era già una terza, per intenderci, promettevo bene. Loro si misuravano altro. E lo urlavano. “Otto!”, “No! Io dieci!”, “Perdenti!” disse Marco (un altro... ma che strano!) “io Dodici!” Mi gettai sul quel dodici a capofitto, perchè mi sembrava una cosa giusta, tanta, un po' mistica, come i dodici apostoli... oggi mi rendo conto che la religione non offre tutte le risposte, soprattutto per quanto riguarda i numeri. (gesto delle mani a misurare, da grande a piccolo).



Poi dai quattordici anni ai diciotto sei fidanzata con lo stesso ragazzo. Si chiamava... si chiamava  non mi ricordo! (ma un altro, sempre... e come ho fatto a dimenticarmi di lui). Ma lui era il bravo ragazzo. Andavamo insieme al liceo, mi veniva a prendere, mi portava i libri, mi aiutava con il latino, il greco, l'italiano, la matematica, la storia, la filosofia, il tram, la cucina, le scarpe, i pantaloni, le calze, le mutandine... oddio... lui è stato il primo...



Il primo uomo con cui fai l'amore è il primo in tutto. Diventa meraviglioso, diventa indispensabile. Tu riempi pagine e pagine con il suo nome, lo reciti come un mantra, lo incastri come le parole crociate, lo anagrammi come il nome di Dio, lo mescoli col tuo... Roberta... Roberta e Marco... MarcoRoba... una specie di cocktail terrificante tra una marca di jeans da bancarella e un evangelista... spacciatore.



Poi viene quello serio. Quello della torta dei diciottanni. Quello che sta ancora su quella maledetta foto a casa dei miei. Sul divano. Il MIO divano che era diventato il SUO divano. Perché loro lo adoravano... lui, il fidanzato: lo scout, il futuro ingegnere, stava simpatico agli zii, alla mia professoressa di greco...  per mio padre era il compagno di pesca, per mia madre era il padre dei suoi nipoti. Io, invece, adoravo quel divano che era diventato il suo divano. Il divano che aveva accompagnato le mie notti a guardare i serial d'orrore su retequattro, che mi svegliavo con Emilio Fede e pensavo che c'entrasse in qualche modo con il film, oppure ci leggevo Baudelaire, e sognavo i gatti, e il vino, e quel maledetto spleen. No, con lo spleen, ANTONIO non c'entrava. Anche perché non era Marco.



Poi c'è il buzzurro. C'è sempre, dopo il serio. Per opposizione. Ed entra in scena neanche dopo. Entra in scena DURANTE. E non ditemi che è capitato solo a me. (Guarda il pubblico) ...lei, lei in terza fila: stia dalla mia parte... mi comprenda... ero prigioniera... e lui è venuto come un cavaliere a liberarmi... con quelle spalle larghe, quel sopracciglio austero, quel sorriso beffardo. Quel suo pub fumoso. Non mi ha fatto promesse. Ma mi ha fatta felice. Sono state dodici... ore stupende. Solo io e lui. Lui ed io.  Finalmente senza pensare a niente. Perché magari lui non ci arrivava. Ma arrivava altrove. O, almeno, con lui, ci arrivavo, anzi, ci... VENIVO, io. Io e MARCO.



Poi c'è il misterioso. Il cupo. Il tetro. Lo sfuggente. Il poeta, il bohemien. L'artista. Che è meraviglioso. Tutte lo cercano. Lo inseguono. Cercano di tenerlo per loro, di trasformarlo. Volevo farlo anch'io. Mi guardava e quasi mi sorrideva. Mi seguiva, poi spariva. Lo seguivo. E spariva lui.

Per tante e tante volte, quante occasioni negate, quanta fortuna infausta!

Poi ci trovammo davvero in un vicolo. Piovigginava. E lui, lui si voltò. Ci guardammo per un lungo, interminabile istante. Le nostre vite sembravano quelle di tutti gli amanti dell'universo... eravamo lì, sotto la pioggia, un uomo, una donna... il destino infinito. Lui con quell'aspetto da attore consumato, la sua classe, quei movimenti ora bruschi, ora raffinati. E mi disse... “Ma che ombretto... FA-VO-LO-SO... ma cara! devi as-so-lu-ta-men-te dirmelo... ma dove l'hai trovato???”



Poi venne il professore. Marco (ma guarda un po'?) mi affascinò con la sua immensa cultura, con il suo immenso potere di intellettuale, di intellettuale vero. Con lui ero la donna del sessantottino, del rivoluzionario, del grande trascinatore delle folle. Da un convegno all'altro, da una conferenza, ad una notte a suonare canzoni argentine sotto le stelle.

Poi, una volta, mi guardò dritto negli occhi. E la sua luce cambiò. Non erano più i tizzoni ardenti che mi infuocavano e mi rendevano schiava arrendevole ai suoi desideri. E cambiarono. E mi parlò, ad un tratto, mi parlò d'altro... di una vita tranquilla, di una casa in campagna, di un dondolo sotto il pergolato... Mi brillarono gli occhi... mi parlò di matrimonio. Aveva una moglie, e tre figli.



Il manager rampante. E' perfetto. Bello e abbronzato. Macchinona immensa, sicura. Vola da una parte all'altra del mondo, ma che dico, dell'universo. Ti porta a bellissime feste sulle barche. Champagne, caviale.

Ti invita a fine settimana in ville bellissime. Da mille e una notte.

Tutto sul conto aziendale. Purtroppo. Ed io non volli rientrare nelle sue voci di bilancio. Ah... Marco Marco...



Alla fine pensi davvero al principe azzurro: è un puffo. E potete immaginare quanto sia dotato.



Ora mi sono finalmente sposata.

E sono veramente felice.

Ed una storia fantastica.

Il mio amore si chiama... Paola.



(Dalla Piece Teatrale "Pannello di Controllo", di Pasquale Ruggieri e Roberta Tavarilli)







venerdì 7 dicembre 2007

Istruzioni per l'uso

lveronika01

"Tu sei piena di te

in tre occasioni:

quando mangi, perché ti vedo...

quando ti spazzoli i capelli, perché ti senti donna...

e quando fai l'amore."



Faccio un pessimo lavoro.



(Foto di Amorplatonico)